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Apatia riflessiva

Ci sono aspetti di questo Paese che sono diventati pagine di pietra della vita quotidiana. Pagine pesanti che condizionano la qualità della vita di tutti noi. Sto pensando alla Giustizia Ingiusta e differente da caso a caso. I famosi “due pesi e due misure”, (se bastano).
Una discrasia che si nota, purtroppo, con l’incremento di presenza di extracomunitari clandestini che sempre di più occupano illegalmente il nostro territorio, senza che i politici sappiano governare il fenomeno. Non è una considerazione razzista, perché bisogna fare dei distinguo tra la gente onesta e disgraziata (in fuga dagli inferni della guerra) e i delinquenti. Solidarietà umana sì, ma nel rispetto delle nostre leggi e della nostra cultura. Non possono occupare le case senza pagare l’affitto, non possono delinquere ed essere rimessi in libertà dai giudici il giorno dopo, non possono pretendere quello che gli stessi italiani non hanno. Il lassismo politico con cui si affronta un fenomeno che sta impaurendo la gente, che sta rendendo meno sicura la libera circolazione delle persone, deve essere seriamente monitorato e risolto. Il buonismo infantile tipico della così detta sinistra non deve creare situazioni cancrenose, permettendo agli irregolari di spacciare liberamente davanti alle scuole, di far prostituire centinaia di giovani, costringendole con la forza a praticare ciò che non vorrebbero fare. Non ci può essere pietismo per il delinquente che ruba impunemente nelle case della gente. Così come è inaccettabile che vengano rilasciati più di 10.000 detenuti con le normative emesse dai politici che depenalizzavano certi reati minori, senza pensare che questi si aggiungono ai nuovi clandestini, che appena giunti in Italia, scappano nelle città di riferimento criminale, per affiancarsi alle bande che già vengono indicate loro ancora prima di approdare. A tutto questo malessere sociale, causato da fatti che potrebbero essere sicuramente evitati se fosse applicata con maggior rigore la legge da parte dei magistrati, dobbiamo aggiungere l’irresponsabilità o l’incapacità politica di dare una svolta a questo Paese. Ma non è con l’irrigidimento delle pene che si risolve il problema. Si deve trovare un rimedio politico all’immigrazione selvaggia.

Ed eccoci dunque all’argomento “politica”. Cosa sta succedendo in Italia su questo fronte? Forse sta nascendo la “Grosse Koalition” all’italiana. Non possiamo parlare di inciucio. Il coraggio di Renzi e di Berlusconi sta mettendo a dura prova sia i gerontoburocrati della politica sia le nuove leve “più mature” dei grillini e delle stesse fronde interne alla sinistra e di Forza Italia.
Un fenomeno da analizzare davvero è quello del segretario della Lega: un personaggio rozzo ma intelligente, un venditore di fumo astuto che è riuscito a raddoppiare il consenso di un partito che aveva visto la propria vita e la propria morte incombente grazie alla “stessa mano”. La capacità del nuovo segretario di urlare contro tutto e tutti, di opporsi sempre, senza proporre un chiaro progetto politico lascia intendere come stia diventando fragile la stabilità sociale, poiché dietro ad un leghista estremo c’è sempre il rischio della violenza politica. C’è anche una speranza, però, verso questa Nuova Lega: la speranza che riesca a cambiare la situazione di questo Paese corrotto, fatto di corruttori e governato dalla mafia e dalla camorra. Se l’autoinvestitura morale che si è attribuita la Nuova Lega nei confronti della Mafia e dei corrotti/corruttori sarà una cosa seria, molti daranno la propria fiducia a Salvini. Ma per il momento no. Deve dimostrare che sa intervenire politicamente in modo efficace e diverso dagli altri partiti.

A chi daremo dunque la nostra fiducia? l’M5 che fine farà? Intanto i dinosauri della politica continuano a farsi sentire, purtroppo: Brunetta, il geom. Gasparri, Verdini, Cofferati, Bersani, Casini, Santanchè assieme alle nuove leve, che così bene hanno saputo assumere le stesse patologie politiche dei dinosauri, quando non siano addirittura peggiorate: Gotor, Fassina, Civati, l’inutile M5, politicamente parlando e Fitto, assieme a tutti i registi dei grandi scandali italiani (dall’Expo al Mose, dalla Salerno-Reggio Calabria all’Alta Velocità) dove fiumi di miliardi di euro, sono andati nelle tasche degli stessi politici che avrebbero dovuto riformare le anomalie strutturali del Paese, ridando fiducia alle famiglie, offrendo lavoro ai giovani e togliendo l’angoscia alla gente per l’insicurezza regnante nelle città. Siamo arrivati alla frutta. Non ci sono più speranze per cambiare. Dovremo difenderci come meglio sapremo fare.

Leggete questo libro:”Via le mani dai bambini” di Gianfranco Volpin edizioni Quindici. Euro 12

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Blog Me ne frego

Aria di gasolio

Una volta tanto potremmo dire “profumo di gasolio”. Per la prima volta, infatti, dopo tanti anni registriamo – anche sul nostro portale nel riquadro dedicato al prezzo medio alla pompa – una discesa sotto 1,6 euro al litro. Un valore comunque ben al di sopra da quello che si vede per strada in certe regioni, come la Lombardia, dove l’oro nero arriva anche a costare 1,45/1,46 euro al litro.

Una bella boccata d’ossigeno, direi, per le aziende di autotrasporto che si vedono inaspettatamente ridurre i costi di quella che forse è la voce più pesante in bilancio (oltre al personale)..
Una attenta gestione degli acquisti, soprattutto per coloro che hanno il serbatoio nel piazzale, potrebbe cambiare davvero le sorti dell’anno. Sperando ovviamente che continui così.

Una volta tanto, quindi, è giusto spezzare una lancia a favore delle aziende petrolifere che non sono state immobili alla variazione del greggio in discesa, mentre solitamente sono velocissimi nella correzione quando questo sale. Anche se sono in molti a sottolineare che la discesa alla pompa non è proporzionale alla diminuzione del greggio, mentre solitamente in risalita il prezzo viene adeguato al millesimo.

Ma c’è un altro aspetto che mi preme sottolineare: pensate all’effetto che potrebbe avere un ritocco al ribasso delle tanto odiate ACCISE, che inglobano in sé tasse a dir poco osolete e che risalgono addirittura alla Guerra in Abissinia.
Attacchiamo, dunque, questa volta l’iniquità di un governo che, ancora una volta, non riesce a mettere in atto interventi che possano agire direttamente in modo palpabile sull’economia reale del nostro Paese… e dei nostri trasportatori!

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Blog Segnali di Fumarola

Venti d’Oriente

 

E’ stato in occasione del mio secondo viaggio in terra Congolese che ho preso coscienza della crescente potenza economica della Cina sperimentandola in prima persona.
A distanza di un solo anno ho assistito a numerosi cambiamenti e, per deformazione professionale, non ho potuto fare a meno di notare la presenza di un maggior numero di cantieri e di conseguenza di mezzi d’opera…tutto rigorosamente made in China.
La popolazione locale sembra reagire bene alla presenza dei nuovi “bianchi” perché vedono non solo la speranza di un progresso, ma anche segni tangibili quali formazione professionale, occupazione, infrastrutture e costruzione di strade, stadi, palazzi statali. Che sia o meno una nuova forma di colonialismo (non dimentichiamoci delle risorse infinite da sempre oggetto di sfruttamento da parte di Europa ed America) ha almeno avuto il merito di riaccendere i riflettori sull’Africa.

La Cina sta conquistando quasi tutta l’Africa, e non solo. A soli 20 giorni dal rientro africano, eccomi catapultata in una realtà decisamente differente: quella della fiera IAA di Hannover, l’importante manifestazione dedicata ai veicoli industriali e commerciali che ha accolto ben 1.904 espositori provenienti da 46 Paesi e circa 260.000 visitatori. Bisogna riconoscere che l’atmosfera è sempre frizzante e fiduciosa, certamente distante da quella che viviamo nella nostra bella Italia. Direi che rappresenta un buon antidoto al pessimismo ed al piagnisteo cronico. Oltre a ciò riserva sempre molte novità e sorprese.                                                                                

Una di queste è stata proprio la presenza del marchio cinese Dongfeng, per la prima volta espositore. Lo ha fatto presentando la gamma intera dei suoi veicoli ,dai leggeri ai pesanti, con un’attenzione particolare alla nuova ammiraglia “Kinland”( tra l’altro progettata da un’azienda di Moncalieri) con cerimonia di “reveal” annessa. Probabilmente è prematuro pensare che il camion made in China stia sbarcando in Europa Occidentale, ma sicuramente l’esordio di Dongfeng alla più importante manifestazione europea (e una delle più importanti del mondo) dedicate all’autotrasporto è un segnale non trascurabile dell’interesse verso il vecchio continente. Nei primi otto mesi del 2014, in Cina sono stati venduti 527.600 veicoli pesanti, numeri che non siamo più abituati nemmeno ad immaginare.

In poco più di un mese , passando dal continente africano a quello europeo, ho avuto l’impressione di aver vissuto anche un po’ più ad Oriente.                                                                                                                            

Quanto esposto rappresenta solo un piccolo spaccato, frutto di una esperienza personale, che mi ha dato l’opportunità di conoscere ed approfondire alcune dinamiche e di andare oltre il banale pregiudizio legato al made in china. L’immagine che mi si è palesata davanti è il famigerato ed avvincente gioco “Risiko”.      

Con obiettivi molto chiari e definiti, le armate rosse stanno conquistando nuovi continenti e sconfiggendo molti dei nemici storici senza “esplicite” dichiarazioni di guerra.

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Blog La Sterzata

Cose dell’Ecomondo

Si è appena concluso il salone Ecomondo di Rimini e possiamo già fare alcune considerazioni. Anzitutto riguardo all’affluenza dei visitatori, che ha registrato – secondo i dati ufficiali – un aumento di presenze rispetto alla precedente edizione. Un dato confortante di questi tempi, che può essere interpretato come un segnale positivo dell’economia in generale, anche se è limitato ad un settore specifico. Il settore dell’ecologia, in generale, ha mostrato una sua effervescenza in diverse realtà italiane che si distinguono anche a livello internazionale.

 

In questo contesto anche i veicoli industriali hanno calcato il palcoscenico della rassegna rivierasca, esposti in stand molto essenziali, improntati più sul business che sullo show. Benché non tutti i costruttori fossero presenti direttamente, l’impressione è che Ecomondo rappresenti una vetrina alla quale sarà sempre più difficile rinunciare. Questo perché in un momento in cui le attività di distribuzione e di trasporto risentono della congiuntura, le applicazioni di trasporto collegate al pubblico costituiscono un potenziale ancora vitale. Non illudiamoci però di avere trovato un nuovo El Dorado, soprattutto per via delle limitazioni economiche a cui devono sottostare comuni ed enti locali. Posso però testimoniare l’alto livello d’interesse dei vari rappresentanti delle municipalizzate, stimolati anche dalla crescente necessità di rispettare le normative antinquinamento promosse a livello europeo.

A differenza di quanto avviene in un salone tradizionale, i costruttori di veicoli industriali presenti, hanno privilegiato l’esposizione di mezzi più idonei a utilizzi, quali ad esempio la raccolta rifiuti, piuttosto che il classico trattore maxi potenza full optional.

 

Tutto ciò stimola una riflessione: vista la quantità e qualità dei visitatori, visto l’impegno e professionalità delle case presenti, vista l’elevata rappresentanza di case legate al movimento terra, vista la posizione baricentrica di Rimini e la facilità dei collegamenti (ad esempio in treno) ed infine considerando che il salone si tiene a Novembre, un momento propizio per pianificare gli acquisti dell’anno successivo, non c’è il rischio che Ecomondo diventi a breve l’unico vero punto di riferimento del mondo del truck?

Ovviamente la domanda dovrebbe fare riflettere i promoter delle manifestazioni pseudo concorrenti, anche se, immagino che lo stiano già facendo. Forse però la riflessione dovrebbe essere fatta ancora più a monte, ovvero, a parte il salone di Hannover, c’è ancora spazio per un salone solo per veicoli industriali stile fiera campionaria nella vecchia Europa?

Teniamo conto che, ad esempio in Italia, il mercato si è ridotto a un terzo con effetti devastanti per le case, le loro reti di vendita, carrozzieri e ovviamente per i trasportatori. Questi ultimi tra l’altro sono super informati sulle offerte di tutte le case costruttrici sia in termini di prodotto che di prezzi  e non aspettano un salone per raccogliere informazioni, già accessibili sulle diverse piattaforme online sviluppate singolarmente dalle aziende.

Inoltre anche i costruttori prediligono sempre di più degli eventi in-house, offrendo agli invitati prove dinamiche, presentazioni dedicate e soprattutto nessuna distrazione esterna.

 

Vorrei precisare che non sto promuovendo Ecomondo a discapito di altre manifestazioni, ci mancherebbe. Però la scelta degli organizzatori del polo fieristico di Rimini, di anticipare di un giorno l’edizione 2015, cancellando la giornata di sabato, è sintomatica di come la riuscita di un evento non si misuri più con il numero di visitatori, ma con la loro qualità. In quest’ottica l’evento TruckEmotion, che si tiene sul circuito di Monza, ha una formula che si rivela esattamente complementare, con un denso programma che si sviluppa nel fine settimana, offrendo come plus la possibilità di effettuare delle prove dinamiche di veicoli. Il continuo interesse nei confronti dell’evento brianzolo dimostra d’altro canto come ci sia spazio per un evento più per autisti che per titolari di flotta. Il ritorno dalla partecipazione a questa manifestazione è più di immagine che di business; benché l’organizzatore sia un forte catalizzatore dei personaggi più importanti del settore, attraverso un fitto programma di presentazioni e tavole rotonde. A questo punto non resta che aspettare di vedere come risponderanno i promoter degli altri eventi in programma l’anno prossimo, in termini di contenuti e format. Il tutto nell’interesse di quanto ci sta più a cuore, ovvero il mondo dell’autotrasporto.

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Se finirà il caos ci potrà essere un futuro?

Paradossalmente l’Italia riesce ad andare avanti solo se nella  caldaia dell’alimentazione sociale, politica, economica entrano continuamente nuove tipologie di energie  negative polivalenti.

Cosa vogliamo dire? Sono anni che viviamo di una crisi ( non è vero è un cambio di modello sciale) alla luce del sole, dove i nodi vengono al pettine  ferendo i più deboli. A questa situazione di morte sociale di tante categorie di persone e di aziende  si sono aggiunti migliaia di immigrati disperati che hanno visto l’Italia come la promessa.

Allora abbiamo tre interpretazioni da applicare a questa situazione:

1.l’evangelica: siamo tutti fratelli, siamo tutti senza lavoro e senza pane e quindi quello che è mio, devo condividerlo con te e quello che è tuo te lo tieni perché, sulla carta , sei più povero di me. In questo modello di interpretazione si aspetta la discesa in campo diretta del Signore attraverso   la Chiesa, con nuove postazioni di accoglienza, riposizionando il modo di consumare la vita da parte di preti, frati e suore, che alle volte, richiudendosi dentro alte mura, ignorano la realtà esterna, pensando di risolvere i problemi con preghiere e chiedendo miracoli al Signore.

2. La politica: l’Italia è sempre stata un caos di razze e di  popoli. Nessuno mai è stato in grado di creare una serie di leggi che fossero valide e  rispettate da ogni tipologia/classe  di popolo. A pensarci bene, perché questo fosse possibile attuarlo, ci ha pensato il crimine organizzato, dalla mafia, all’andrangheta, dalla camorra, alla sacra corona unita, il tutto senza tralasciare, per le natiche più nobili, la massoneria. Quindi più caos c’è più spazio per il malaffare esiste!

3.L’economia: molti imprenditori hanno aiutato gli immigrati che volevano intraprendere un lavoro onesto. Altrettanti ne hanno sfruttato il lavoro sottopagandoli e rendendoli schiavi di un sistema dal quale nessuno può liberarsi. Fino al 1992 il nostro paese è cresciuto senza creare scompensi socio economici  e politici, salvo gli anni di prova  del 68   scombussolati dal terrorismo e dagli attentati. Questo è stato un chiaro segnale che le cose cominciavano ad andare male. Ma al di là degli interventi e dei processi finalizzati all’evento negativo capitato, nessuno ha dato un’interpretazione del grande malore che arrivava in  tutto il Paese. Non  si poteva più andare avanti con quella disparità di trattamenti che classi sociali apparentemente vicine, si trovavano ad avere, con infinita ingiustizia nel trattamento fra l’una e l’altra.

Chi sono stati le colonne portanti  di questo nuovo  scenario?

I politici, gli imprenditori, la Chiesa, i sindacati e  il popolo.

Ora, con grande imprudenza cercherò di segnalarvi, quali possono essere state  a mio avviso, le rispettive colpe di queste cinque classi dirigenti, che governano il Paese dalla fine del 1800.

I Politici: noi italiani fino ai primi anni del 900 siamo stati un popolo incolto, di contadini e di braccianti, di pescatori e di mandriani. Non ci sono statistiche degli italiani/e laureati dall’anno 1900 in avanti.  Le prime arrivano negli anni 30!In altre parole chi governava, dopo l’avvento del Regno d’Italia nel 1860 , aveva una popolazione di analfabeti e di ignoranti assoluti. I pochi che facevano lavori più nobili di quelli citati, si potevano contare sulle dita di due mani. Certo, se da una parte la proprietà latifondista era uno dei parametri di distinzione e di potere sociale, solo con le prime fabbriche, si è andata a costituire una nuova classe dirigente  dalle due facce: gli imprenditori e i dipendenti. Da qua sono nate le associazioni di impresa ( 1910 a Torino e 1918 a Milano) e le Trade Unions italiane, che cercarono di prendere la linfa della crescita da quelle sorte in Inghilterra negli ultimissimi anni del 1800 (1899) .Di fatto sono nati prima i Sindacati che le  Associazioni degli imprenditori.

Gli imprenditori : per quasi 100 anni hanno regnato senza  particolari problemi ( salvo gli ultimi 20 anni) e senza avere responsabilità dirette nelle crisi, accumulando capitale grazie all’immunità garantita dall’inefficienza dello Stato,  se non si pagavano le tasse. Se partiamo dal 1910 vediamo che, passati 100 anni,  nel 2010 la maggior parte delle grandi imprese hanno prolificato segnando il buono ed il cattivo tempo di questo Paese. Alcune fasce sociali si sono arricchite all’inverosimile, mentre l’economia sviluppata dalle imprese ed il lavoro che ne scaturiva, ha fatto esplodere, nonostante le due guerre, una borghesia mediamente ricca e felice. Non è stata necessaria la Rivoluzione Francese (1789) per creare il Terzo Stato in Italia. E’ stato  il lavoro creato da tanti imprenditori, che hanno sacrificato la loro vita, a costruire aziende e aziendine, che potessero permettere alla gente di lavorare, finanziandosi dalla possibilità di eludere il fisco. permettendo così anche ai dipendenti di costruirsi la casa e di comperare , nel tempo, automobile, lavatrice e televisione.

L’altro elemento storico -sociologico che ha costruito questo Paese è stata la fusione della Aristocrazia Papalina con il Clero popolare dando vita ad  un’amalgama di piattaforme religiose distribuite in tutta Italia, diventando i riferimenti parrocchiali di tanti giovani e di tante persone anziane, che hanno trovato nella Chiesa accoglienza e coraggio di intraprendere, di soffrire, di resistere. Ancor oggi in Italia dobbiamo riconoscere alla parte buona della Chiesa, la volontà di aiutare sempre tutti e di tenere aperte le porte per ogni persona che abbia bisogno di un tetto o di un pasto caldo.

Parlare o criticare i Sindacati fino a qualche tempo fa era come appartenere al Partito fascista, anche se non ne avevi avuto la possibilità anagrafica. Invece è arrivata l’ora di aprire il Vaso di Pandora dei signori sindacalisti. Prima però dobbiamo toglierci il cappello davanti al loro indiscutibile Maestro:  Bertinotti. Ha saputo costruire il “brand” del sindacato,con  un suo personale profilo identificativo, come nessun altro ha saputo fare in questo Paese, nemmeno  Pastore con la Cisl o Trentin con la CGIL. Un piccolo impero costituito da risparmi investiti in immobili e pensione molto remunerative sia per lui che per la moglie. Niente da dire. Un professionista del Sindacato. Ma che cavolo ha fatto per questo Paese e per la Classe Operaia? Ditemelo voi. Guardate i siti internet dei Sindacati, in particolare i Bilanci. Provate a vedere se pagano imposte. E la variabile che da indipendente  è diventata dipendente scolpita dall’accordo Lama-Agnelli cosa ha fatto per questo Paese? Che cosa hanno fatto i sindacati per l’Ilva di Taranto? E per l’inquinamento delle concerie di Arzignano e quelle in Toscana? Altro che legge Merli…..In questa fase di cambiamento critico del modello sociale, che come già detto,  non è una crisi, dobbiamo mettercelo in testa bene che il Sindacato non ha capito il cambiamento e vuole conservare solo il proprio potere di opporsi senza progettualità alternativa!  Qui si parla di perdite di migliaia di posti di lavoro, mentre si conservano migliaia di pensioni d’oro, privilegi ai dipendenti statali, del parlamento, degli enti inutili. Bisogna fare una legge che blocchi salari e pensioni dei dipendenti pubblici, se sono al di sopra dello stipendio e della pensione del Capo dello Stato. Si da decorrenza due mesi e a quelli che non vogliono accettare la nuova situazione si pignorano i beni e si mettono all’asta. Una parte dei  fondi che si ricavano vanno ai disoccupati non vicini alla pensione, ai giovani senza lavoro e si pagano, affitti sociali,  per gli immigrati che occupano senza pagare le case dei cittadini, i quali non possono eseguire gli sfratti concessi dal Giudice perché i Centri sociali impediscono la restituzione dell’immobile al legittimo proprietario. Su questa base, i Sindacati devono avere l’abilità, la professionalità per negoziare un modello simile anche per il settore privato. Questa è la vera sfida per la loro sopravvivenza.

Resta il quinto elemento: il Popolo. Siamo un disastro storico. Privi di identità, figli di infinite dominazioni, schiavi della criminalità organizzata,pronti a corrompere e ad essere corrotti, evasori fiscali, codardi nell’esprimere le proprie idee, senza coraggio nel combattere le ingiustizie,forti con i deboli e deboli con i forti. Siamo l’humus ideale per lasciare spazio alle élite nazionali oramai alleate con le élite internazionali , perché Putin stringa amicizia con Berlusconi, perché gli Agnelli zitti zitti se ne vadano d questo Paese,perché Scaroni possa continuare a tessere relazioni con i suoi amici petrolieri, perché Galan da Palazzo Ducale passi ai Piombi, perché Mazzacurati se ne possa stare tranquillo a La Jolla (San Diego California) dopo aver sperperato un miliardo e cinquecento milioni di euro in regali,premi o tangenti, perché le imprese del Mose e  dell’Expo e delle varie ricostruzioni dei terremoti possano continuare a prendere le prebende di Stato, perché il Premier possa confermare nella finanziaria 2015, i 10.000 miliardi di euro per opere strutturali in odore di mafia, perché la Salerno Reggio Calabria possa andare avanti ancora 10 anni, perché i prefabbricati del Belice continuino a restare tali, perché i genovesi, con i fondi stanziati per le opere di salvaguardia del loro territorio possano venire allagati anche l’anno prossimo.

 

Leggetevi un bel libro:Sergio Rizzo. Da qui all’eternità (L’Italia dei privilegi a vita!). Feltrinelli 15 euro

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Altro che Italia!

Questa ve la devo raccontare. È emblematico del baratro che c’è tra il nostro Bel Paese e il resto dell’Europa, dalla Germania nella fattispecie.

Nei giorni scorsi ero ad Hannover, in occasione dei giorni dedicati alla stampa dello IAA e, come accade in queste circostanze, le serate vengono trascorse in cene in compagnia di colleghi e manager delle Case costruttrici.

Proprio durante una di queste cene, la sera prima di rientrare in Italia, perdo purtroppo il mio portafogli. Evento drammatico non solo per l’inevitabile blocco delle carte di credito, dei lunghi tempi che avrei dovuto trascorre tra un ufficio e l’altro per rifare i numerosi documenti, ma per la necessità di dover prendere un aereo per Milano senza alcun documento di identità. Il problema soldi non lo cito neppure.

Ed è qui che mi sono reso conto di che Paese arrettrato siamo noi. Infatti, il giorno dopo, arrivato in aeroporto mi reco immeditamente presso l’ufficio della Bundespolizei per denunciare il fatto e cercare un modo o un foglio di via che mi permettesse di tornare a casa. Abituato alla nostra burocrazia mi aspetto ore di code, tempi di attesa, telefonate al Consolato per determinare la mia identità, col rischio anche di perdere il volo prenotato.

Ebbene, nulla di tutto questo: dopo meno di mezz’ora dal mio ingresso nell’ufficio di polizia locale io avevo una carta di identità tedesca, valida per i successivi 6 giorni, regolarmente emessa dalla Repubblica di Germania con tanto di foto e timbri vari. Cosa mi è servito? Mostrare semplicemente una fotocopia che avevo scannerizzata sul mio telefono e 25 euro. Arrivederci e grazie.

Incredibile… questa è civiltà!

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Orgoglio senza pregiudizi

Ebbene si, dopo tanti anni, 24 per l’esattezza, Renault Trucks si aggiudica il premio di International Truck of the Year. E quindi, una volta tanto, lasciatemi parlare della Casa della Losanga.
Dicevo che sono passati 24 anni dalla precedente aggiudicazione del medesimo titolo. Allora il veicolo premiato era l’AE Magnum, un mezzo che fino a pochi mesi fa continuava a distinguersi per l’unicità del suo progetto, più simile a un truck “cab over” americano. Un prodotto accolto con una certa diffidenza, in un contesto di mercato del veicolo industriale abbastanza conservatore soprattutto allora.
Del resto in questi vent’anni Renault Trucks ha dimostrato una particolare effervescenza per quanto riguarda le soluzioni aerodinamiche, di comfort di bordo e anche di tecnica, pensando “out of the box”, ovvero fuori da schemi classici. Un esempio per tutti, il mitico Radiance che ha dettato la strada per l’evoluzione di linee e soluzioni varie.

Con questo background gli ingegneri di Lione non potevano certamente rinchiudere il progetto della Gamma T in uno schema classicamente rigido. L’equipe di Hervè Bertrand, il designer recentemente insignito del Premio Slice (premio assegnato dalla rivista inglese British Design & Art Direction (D&AD) che promuove i migliori esempi di progettazione originale a livello mondiale), non ha perciò messo limiti nella definizione iniziale del progetto. Il risultato ancora una volta non lascia indifferenti, anzi offre notevoli spunti di discussione. Ancora una volta il costruttore francese percorre una strada diversa dal resto del gruppo, con una linea innovativa che conferisce all’insieme un’immagine di forza e robustezza, valori sempre ben tenuti in considerazione dai trasportatori.

Non solo estetica, però: l’inclinazione del parabrezza di 12 gradi, associato alla sezione trapezoidale della cabina, permette al veicolo di ridurre lo sforzo di penetrazione dell’aria a vantaggio dei consumi.
Insomma, l’aerodinamica realmente definita per risparmiare anche la più piccola goccia di carburante. Consentitemi di affermare che un progetto come questo era predestinato ad aggiudicarsi il titolo di Camion dell’Anno.
Questo riconoscimento viene sfruttato da diversi costruttori nelle maniere più disparate, da chi non comunica affatto, a chi sembra che abbia vinto il titolo dei titoli. Penso che come al solito la giusta misura sia nel mezzo; è giusto celebrare sul mercato questo titolo, non solamente con il classico adesivo sul parabrezza, ma con una serie di attività che facciano comprendere e condividere le ragioni della scelta.
In questo Renault Trucks è molto avvantaggiata rispetto a qualche vincitore passato, avendo tanti contenuti da presentare e raccontare. Ciò coincide anche un con un cambio di strategia di comunicazione del costruttore transalpino, più incline a dimostrare sul campo e con i fatti le qualità e le caratteristiche del nuovo veicolo, piuttosto che fare della pura comunicazione fine a se stessa. Non è un caso che la campagna di lancio delle nuove gamme Renault Trucks si sia caratterizzata da uno slogan semplice ma efficace: il mio camion è un centro di profitto. Un impegno misurabile che non permette nessun genere di bluff. L’imminente evento TruckEmotion sarà il primo palcoscenico in cui la nuova Gamma T potrà fregiarsi del titolo; ancora una volta saremo pronti a confermare su strada (in questo caso pista) le qualità che hanno convinto la giuria internazionale, composta da 25 giornalisti di altrettante nazioni europee, a nominare la Gamma T camion dell’anno 2015.

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Italiani brava gente

Parafrasando il titolo di un film e di un libro, le vicende di questi giorni ci portano a riflettere sul comportamento degli italiani, strano popolo capace di esprimere grandi uomini, grandi opere, grandi intelligenze e nel contempo grande individualismo, mancanza di senso dello stato, del dovere e della coscienza collettiva.

Si sono cercate le ragioni partendo dalla caduta dell’impero romano, dissolto ad opera di Odoacre nel 476, passando per le varie dominazioni barbariche, spagnole, francesi, austriache che hanno prodotto un carattere incline a pensare ad un IO piuttosto che a un NOI.

Per l’enciclopedia britannica gli italiani “non possono essere accomunati da nessuna caratteristica” cosa che può essere spiegata dalle diverse dominazioni che si sono succedute sul territorio, mentre altre fonti definiscono gli italiani come appartenenti alla medesima nazione e che, sebbene spesso descritti come popolazione omogenea, sono divisi in molteplici gruppi culturali, sociali e politici…. Il politologo Domenico Fisichella, nella voce “Italia. Popolo, nazione, Stato”  nota come, rispetto ai concetti di “popolo” e “nazione” italiana, si confrontino tre diverse posizioni interpretative:la prima ritiene che si possa parlare di un popolo italiano già a partire dall’età romana,la seconda ritiene che si possa parlare di italiani a partire dai secoli XI e XII,mentre la terza fa coincidere il concetto di popolo italiano con il concetto di nazione, facendo quindi risalire la sua nascita all’Unità d’Italia.

Posizioni diverse che ci fanno capire come parlare di Popolo Italiano sia estremamente difficile, cercando di accomunare un nord al centro e ad un sud. Ma una serie di concetti amorali accomunano tutta l’Italia: la corruzione, la camorra, il clientelismo, l’individualismo,la ruberia amministrativa, oltre all’evasione fiscale: dal Piemonte alla Lombardia dal Veneto all’Emilia per finire in Sicilia, Sardegna, Calabria. Non passa giorno senza che ci sia un nuovo scandalo, una nuova indagine, nuovi imputati che poi sono gli stessi della prima repubblica o i degni figli.

Il sindaco di Locri ha fatto notizia: ha scritto una lettera a Dio, non sapendo più a chi rivolgersi, chiedendo un aiuto per fermare l’assenteismo dei suoi 240 impiegati comunali.

L’a.d. di una società pubblica partecipata piemontese chiede aiuto per risolvere il problema di alcuni suoi dipendenti sempre ammalati: su oltre 200 ogni giorno 34 sono in malattia.

Siamo in perenne emergenza ed a ogni nuova emergenza si cerca di fare fronte improvvisando, anche se la creatività è una caratteristica italiana ed è stata l’arma vincente di molti settori che vanno dalla moda all’alimentare dalla meccanica alla cultura.

Da alcuni mesi è cambiato il primo Ministro, sono cambiati alcuni sindaci di varie città dove ci sono state le più recenti elezioni, si continuano a cambiare i vertici di società pubbliche e private.

Tutto ciò però non basta, per rimettere in sesto le aziende e richiamare al senso di responsabilità i vari dirigenti e dipendenti: al primo accenno di modifica dello status quo si assiste a manifestazioni e proteste. Nessuno vuole rinunciare ai propri interessi, ai propri angoli di tranquillità, soprattutto nello scenario dei dipendenti pubblici o parapubblici. E’ un rifugio dal quale uscire equivarrebbe al proprio suicidio. Mors tua vita mea!

Fa bene Renzi a dire che non guarda in faccia nessuno, speriamo solo che non sia una partita persa in partenza e che lo faccia veramente. Fa bene a puntare sulla Scuola per cambiare questo Paese. Non ci sono altri modi. I giudici, i vigili, i tassisti, i consiglieri comunali, i dipendenti pubblici delle due Camere, tutti quelli che vivono nel loro Paradiso, saranno sempre contro tutti quelli che vorranno portare un po’ di giustizia ed equità in questo modello di società sghimbescia e strabica, ingiusta e annientatrice di ogni nuova speranza per i giovani.

Perché questo tutti contro tutti ? Stiamo affondando e non capiamo che se non ci salviamo da soli, arriverà qualcuno che certamente non avrà scrupoli.

All’annuncio del blocco degli stipendi pubblici, fa eco i nuovi indagati del PD emiliano, uomini del presidente, uomini che avrebbero dovuto sostituire i politici indagati in precedenza. Mentre non c’è alcun annuncio di tagli agli stipendi di manager, magistrati, politici, burocrati. Annullati anche i provvedimenti per rimettere tra i delitti anche il falso in bilancio e il riciclo del denaro. Il Paese dei Balocchi, con 180 miliardi di evasione all’anno, fatta da chi? Dai lavoratori dipendenti? Dai poveri tutori dell’ordine che vivono con 1300 euro rischiando la vita per noi cittadini?

Perché non si scende in piazza a difendere le nostre forze dell’ordine che lavorano per poche migliaia di euro al mese e non si protesta contro chi, come i consiglieri regionali, hanno stipendi che rasentano l’indecenza. Mediamente si parla di 8.500 euro netti al mese per ogni consigliere regionale. Perché il Presidente Renzi non ha bloccato quelle retribuzioni?

Perché i dipendenti delle Camere continuano a percepire stipendi più alti dei primari ospedalieri con privilegi che vanno dai cellulari alle cure estetiche?

Perché politici come Amato continuano ad avere pensioni da oltre 30.000 euro al mese?

Si parla di diritti acquisiti: anche gli scatti di anzianità, anche i rinnovi contrattuali già firmati sono diritti acquisiti… ed allora il diritto è uguale per tutti o come al solito ci sono cittadini di serie A e B?

Moretti chiede gli applausi comunicando di percepire “solo” 690.000 + 190.000 annui. Come farà a vivere? Alla faccia di chi invece vive con 500/600/800 euro al mese.

A tutto c’è un limite!Allora perché non si protesta?

Contro i sindacati che hanno rovinato questo paese difendendo solo alcune categorie di lavoratori.

Contro chi negli ultimi 20 anni ha pensato solo ai propri affari personali, a quelli degli amici , dei nani e delle ballerine ed ora si atteggia a scendere di nuovo in campo come salvatore della patria.

Perché non ci sono leggi severe contro chi deturpa inquina rovina il paese più bello del mondo?

Contro chi non dà alcuna possibilità ai nostri figli e nipoti di avere fiducia in un futuro, di esprimere le proprie potenzialità, di crearsi una famiglia?

Italiani è ora di reagire, poiché è e sarà solo colpa nostra se non facciamo qualche cosa subito e presto!

Leggetevi un libro retrò, che vi fa capire da chi eravamo amministrati: Le Chiavi del 2000 di Franco Reviglio. Mondadori.

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Blog La Sterzata

Pirati!

Il fenomeno della contraffazione e della pirateria ha raggiunto livelli record; la crescente domanda di beni di qualsiasi genere, le difficoltà nel reprimere produzione e commercio dei falsi non lasciano intravedere una soluzione a breve. A soffrire di queste pratiche illegali sono soprattutto i grandi marchi, che vendono prodotti su larga scala.
Recentemente la pirateria è cresciuta maggiormente nel campo dell’informatica, pensiamo ad esempio alla musica, ai film, ai software, ma anche la cosiddetta “old economy” è altrettanto affetta da questo commercio parallelo. Pensate che già nel 1300 a.C., gli artigiani che lavoravano le ceramiche di grande qualità, come ad esempio le anfore per conservare il cibo, identificavano i loro manufatti per indicarne inequivocabilmente l’origine e, di conseguenza, la qualità. Già allora si era compresa l’importanza di tutelare il lavoro ed evitare contraffazioni. Questa esigenza di tutelare i marchi, come detto, nata nel passato si è mantenuta fino ai giorni nostri.

Abbiamo accennato ai grandi marchi; nel caso dei costruttori di veicoli, lo sviluppo di nuovi prodotti richiede massicci investimenti economici, per ricerche su nuove tecnologie, nuove soluzioni, sviluppo di materiali, ecc con l’obiettivo di proporre prodotti e servizi che presentino il massimo livello di qualità e prestazioni. Tuttavia se il marchio del costruttore non viene tutelato in modo adeguato, si rischia che si degradi in poco tempo facendogli perdere parte del valore. Un marchio infatti non è solo un nome e un logo, è una garanzia per i clienti e quindi proteggerlo è fondamentale.
Prendiamo, ad esempio, i componenti contraffatti. Spesso sono realizzati con materiali di qualità inferiore e non sono soggetti agli stessi test a cui vengono sottoposte le parti originali, compromettendo così la qualità e la sicurezza. Lasciare in commercio queste parti andrebbe a deteriorare il marchio e la relativa immagine. Tutto ciò accade nonostante i costruttori registrino e proteggano i progetti nelle loro totalità compresi i principali ricambi, tra cui paraurti, griglie, fari, specchietti e tutto ciò che ha un valore di mercato.

Sono così nate delle figure professionali, il cui compito, come dei segugi, è quello di individuare i falsi, risalire al produttore e perseguirli. Li ho definiti dei segugi perché ad esempio riescono, annusando un ricambio pirata, a identificarlo come falso. Non è una magia però, in quanto molto spesso, una plastica di bassa qualità emana degli odori cattivi. Altri “trucchi” per identificare i ricambi pirata si affidano ai sensi, dal tatto per rilevare superfici con rugosità grossolane o spigoli accentuati, all’orecchio picchiettando i rivestimenti ottenendo dei suoni solitamente più sordi. Questi professionisti possono essere considerati dei veri e propri 007 che girano il mondo e visitano fiere per trovare eventuali falsi e stopparli sul nascere. A volte il costruttore di ricambi contraffatti non si limita alla realizzazione dei manufatti, ma immette sul mercato i prodotti inscatolati e marchiati in maniera ambigua con riferimenti che richiamano un marchio specifico.

Oggi i paesi asiatici sono il centro della contraffazione. Rimanendo in campo automobilistico, i produttori dei falsi non si limitano a copiare ricambi. Se visitiamo una qualche fiera asiatica non è raro imbattersi in veicoli dall’aspetto familiare con marchi storpiati, rispetto a quello preso a riferimento. Una pratica che all’inizio era vista con curiosità, mentre ora rappresenta una minaccia. Come finirà? Lo scopriremo prima o poi su questa rivista. Ma mi raccomando, diffidate delle imitazioni!