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Il Trasporto è morto

Se prima lo chiamavamo in estrema sintesi “MIT”, ora come dovremo chiamare il Ministero che regola il nostro comparto? “MIMS”? sembra più il nome di un nuovo cartone animato.
Al di là delle battute, però, il cambio in Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, delinea l’ennesima poca considerazione che le nostre Istituzioni (e forse di conseguenza anche la comunità) ha nei confronti del comparto. Uno schiaffo, anche morale, a coloro che per mesi abbiamo chiamato “eroi”, ovvero i TRASPORTATORI e non i MOBILITANTI!

Contino a giocare con le battute, cercando di sdrammatizzare un problema che, invece, è serio. Serio come la non serietà con la quale il settore è da sempre stato trattato. Sono anni, decenni che ci troviamo in convegni, fiere e workshop a sottolineare come la logistica sia strategica per lo sviluppo di qualsiasi Paese. Ma siamo sempre al punto di partenza. Il Governante di turno ci dà a volte qualche contentino, ma senza posizionare l’Autotrasporto tra le priorità degli interventi.

Ora, è anche vero che noi stessi (operatori dell’informazione specializzata, operatori del settore, associazioni e industria) stiamo battendo da anni sulla necessità di trasformare il trasporto commerciale in un sistema sostenibile. Sì sostenibile, come diciamo sempre, non solo con una accezione ambientale, ma anche economica. E l’economia la fanno le imprese, gli autisti e tutto l’ecosistema che sta intorno al nostro mondo. La fanno gli autotrasportatori. Coloro che hanno bisogno di supporto per supportarci.
Il nuovo Governo è nato con un forte DNA ecologista (nel senso buono e puro del termine) ed è giusto che dia segnali forti in tal senso, come l’aver creato un apposito Ministero. Ma se per fare questo dà un segnale contrastante cancellando dal Ministero di riferimento persino la parola TRASPORTI, allora c’è qualcosa che non va.

Non credo vi sia il bisogno di ricordare al Neo Ministro, così come a chiunque, l’importanza del trasporto e della logistica per il paese e l’apporto fondamentale reso all’economia – dice Alessandro Peron, Segretario FIAP che sulla decisione del cambiamento di denominazione del dicastero ha esternato agli Organo Direttivi della Federazione, alle Imprese associate e ad alcuni colleghi, una evidente perplessità.

L’auspicio è, ovviamente, che ci sbagliamo. Che si vada al di là del nome e che il forte segnale di discontinuità col passato si veda nei contenuti. Chissà, magari una volta tanto riusciamo a fare così tanto clamore da portare il Ministro Giovannini ad un ripensamento. Magari Ministero delle Infrastrutture e del Trasporto Sostenibile potrebbe essere un buon compromesso?

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Pandemia o pandemonio?

Quanti di noi ancora a inizio febbraio hanno preso l’avvento del Coronavirus come una semplice influenza, forse solo un po’ più virulenta? Io per primo, lo ammetto. Siamo a maggio e questa “influenza” ha creato la più grave crisi mondiale di sempre, forse peggiore di quella scatenata dall’ultimo conflitto mondiale.

Chi poteva immaginarlo? Di certo non noi del “popolino”, più o meno informato e previdente. Amici medici, e neppure medici condotti ma specialisti, solo pochi giorni prima che si scatenasse il pandemonio, mi dicevano di non allarmarsi, perché in fondo i morti per i normali malanni di stagione erano anche di più.

Qualcuno, però, un po’ di visione di più lungo termine poteva e doveva avercela. Per esempio, chi il 31 gennaio firmò l’emergenza sanitaria ma, allo stesso tempo, incitava tutti noi a continuare con le normali abitudini, ristoranti e attività lavorative comprese.

La pandemia si è sviluppata, prima di tutto, per la superficialità di chi dovrebbe guidare e salvaguardare la nostra vita di tutti i giorni. Attenzione: non ne faccio una questione politica, né di destra né di sinistra, anche perché si tratta di una considerazione che vale a livello mondiale. Sono davvero pochi coloro che si salvano da questo giudizio e hanno saputo gestire la situazione con saggezza, determinazione e efficienza.

 

Ora due considerazioni. La prima è che la ripartenza è necessaria, ora e subito. Il motivo è semplice: il contagio zero non lo raggiungeremo per molti mesi, forse anni, ovvero fintanto che non ci saranno vaccino e cura. Impensabile, quindi, tenere spenti i motori fino a quel momento, a meno di non voler morire letteralmente di fame. Dobbiamo quindi convivere col virus fino a data da destinarsi. Dobbiamo farlo nel modo più sicuro possibile, ma dobbiamo farlo. Dobbiamo riprendere prima di tutto la produzione delle numerose attività che tengono in piedi il nostro Paese, con le dovute differenze e scaglionamenti e dobbiamo far riprendere alla gente le proprie abitudini e la vita sociale, anche qui con qualche cambiamento inevitabile.

Vorremo mica essere stati i primi ad entrare in lockdown e gli ultimi ad uscirne? Paesi come l’Olanda, l’Austria e la martoriata Spagna stanno già scaldando i motori e hanno allentato già da qualche giorno le misure restrittive.

La seconda considerazione vuole suggerire (e sperare) in un modo per tamponare (non appianare perché ciò è impossibile) le enormi perdite di aziende grandi e piccole, nazionali e multinazionali: consideriamo agosto come mese lavorativo. Non fermiamo le fabbriche e le produzioni per la solita “pausa estiva”. Facciamo finta di aver fatto la “pausa” in marzo o in aprile.

Di sicuro, come detto, non basterà ad evitare una crisi mondiale di dimensioni inaudite, ma forse aiuterà a non collassare. Insomma, la pandemia non è finita. Cerchiamo almeno di fermare il pandemonio.

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NON CI RESTA CHE… TRASPORTARE

Qualsiasi cosa scriviamo OGGI, giorno di chiusura del nostro giornale, sarà sicuramente anacronistico quando lo leggerete. Il virus si diffonde ad una velocità inaudita e così anche gli interventi, le reazioni, gli atteggiamenti della gente, la comunità internazionale.

Se proviamo a catapultarci col pensiero indietro di un paio di mesi, a quando stavamo approntando un 2020 ricco di progetti, eventi, fiere e iniziativa di vario genere, sembra di parlare di un secolo fa. OGGI – e ribadisco OGGI che vi scrivo – le nostre vite sono cambiate, per forza di cose. Non sappiamo – ad OGGI – per quanto tempo, ma sicuramente molte cose non saranno più come prima. Nel bene e nel male.

Questo virus ha scatenato l’inferno in tutto il mondo, ma sono certo che ha anche scatenato le coscienze e la creatività di molti. Se da un lato, grazie a Dio, le Istituzioni stanno promulgando leggi e decreti per cercare di contrastare un nemico “invisibile” e sconosciuto e i sanitari (che non ringrazieremo mai abbastanza per ciò che stanno facendo) lottano per salvare quante più vite umane possibile, la comunità imprenditoriale, dei professionisti, commercianti e lavoratori in genere sta elaborando modi nuovi per fare economia. Sarà un esercizio utile anche per il futuro, ne sono certo.

Questo virus, poi, ci ha insegnato a fermarci un attimo, a rallentare i ritmi e forse, io spero, a dare importanza ai giusti valori. Ce ne ricorderemo quando sarà tutto finito? Io mi auguro di sì. Dovremo essere tutti pronti, sulla griglia di partenza, quando lo “starter” darà di nuovo il via, quando il male sarà sconfitto e la nostra vita riprenderà a scorrere con i suoi abituali ritmi. Sarebbe bello, però, che le esperienze vissute in queste settimane (o mesi, ancora non si sa), non si cancellino mai dalla nostra memoria. Sarebbe bello che facessimo tesoro delle nostre personalissime riflessioni, dell’immenso altruismo delle tante persone che sono oggi in prima linea, dell’italianità che affolla i nostri balconi e finestre all’appuntamento delle ore 18 di ogni sera.

Non conosciamo – OGGI – la dimensione finale di questa tragedia. Sappiamo solo che – già OGGI -numeri piccolissimi rispetto alle tante calamità e drammi attraversati in passato, stanno sconvolgendo il nostro mondo, senza confini, senza differenze di religione, colore della pelle o credo politico.

OGGI, che non sappiamo cosa accadrà domani, quando ci sarà la fine e come ne uscirà il nostro Pianeta, abbiamo però una certezza: il mondo del trasporto c’è! Il nostro settore, tanto bistrattato e poco considerato, sta garantendo all’Italia e al mondo, che ognuno di noi possa continuare, senza panico, a rifornirsi dei prodotti di cui ha bisogno. Forse – OGGI – qualcuno si accorge di noi. Forse qualcuno in più capisce e comprende l’importanza di chi ogni giorno è sulle strade, virus o non virus, guerra o non guerra, a consegnare le merci.

#IOSTOCOLTRASPORTO è la campagna che, insieme agli amici di Vado e Torno, abbiamo lanciato per testimoniare ed esaltare il lavoro dei professionisti del trasporto. Gli A.D. delle Case costruttrici ci hanno messo la faccia per dire grazie a chi ci consente di continuare a vivere più o meno con le nostre abitudini.

Un altro immenso grazie, va poi all’Ospedale Sacco di Milano, per il quale abbiamo attivato una raccolta fondi che potete trovare tra le pagine di questo giornale.

Siamo un Paese unico. Siamo un settore fantastico. Siamo la forza della società. Non fermiamoci, non fermiamo i nostri pensieri. #ANDRÀTUTTOBENE.

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Le Sorelle sono otto, anzi nove

Giancarlo Boschetti, illuminato presidente IVECO della fine del millennio scorso, aveva previsto solo due Case sul mercato. “Ne resteranno solo due“, aveva sentenziato in occasione di una conferenza stampa.

Può darsi che avesse ragione e che, nel lungo periodo, questa profezia si avvererà. D’altronde movimenti, acquisizione e fusioni sono all’ordine del giorno, vere o presunte.
Sta di fatto, però, che, per adesso, le “Sette sorelle” non solo non si ridimensionano, ma aumentano di numero, diventando prima otto e poi addirittura nove.

È noto, infatti, che il marchio Ford è proprietaria di Ford Trucks, la società turca che, già al suo debutto sul palcoscenico mondiale dei veicoli industriali, si è aggiudicata il prestigioso International Truck of The Year 2019 con il suo veicolo di punta (e per ora unico) F-Max. Un fulmine a ciel sereno, potremmo dire, quanto più che se inizialmente sembrava che il brand volesse concentrare le proprie attività nell’area baltica ed est europea, ora ha deciso di entrare in modo prorompente nel mercato dell’Europa Occidentale, cominciando proprio da noi con l’importatore F-Trucks Italia.

D’altro canto, invece, un big player come IVECO, ha annunciato la ormai famosa partnership strategica con NIKOLA, start-up americana dedicata alle tecnologie elettriche e ad idrogeno. Non solo. Nella convention di lancio è apparso fisicamente il veicolo del futuro, il Nikola Tre, trattore 4×2 full electric, che, di fatto, è marchiato Nikola, seppur realizzato sulla piattaforma dell’S-Way, nuovissimo pesante della Casa di Torino.

Dunque 9 brand, anche se molti di essi, fanno alla fine capo ad un unica multinazionale e quindi, tornando “a bomba”, di fatto costituiscono un unicum e riducono il numero totale di aziende.

Si tratta sicuramente di due mercati e di due profili completamente diversi: l’azienda turca evidentemente ha scelto la strategia di intercettare una clientela non premium e ancorata ancora alla propulsione tradizionale, ovvero Diesel, che sicuramente ancora molti anni sarà lo zoccolo duro delle immatricolazioni di truck.
Nikola, di contro, punta decisamente sul futuro, promettendo un camion pesante completamente elettrico già nel 2021 e, addirittura, azzardando alla propulsione ad idrogeno in un tempo non tanto lontano (2023).
Quindi prospect, clientela e tipologia di investimenti molto distanti tra loro. Almeno per ora.

Quale reale sostenibilità (in senso economico più che ambientale) possano avere queste due nuove avventure è difficile a dirsi ora. Siamo abituati a vedere sorgere delle stelle la cui luce si esaurisce in breve tempo. In questo caso, però, ci sono grossi colossi alle spalle che, riteniamo, prima di sbilanciarsi in dichiarazioni tanto avveniristiche quanto importanti, ci avranno riflettuto a lungo.

Ad ogni modo si tratta di un momento decisamente brillante del nostro comparto, dato che sono oltre 40 anni che non si affaccia sul mercato un nuovo competitor e, ora ne abbiamo addirittura due. Un fermento dal punto di vista di prodotto e di compagini sociali che, purtroppo, va in controtendenza con l’andamento del mercato dei veicoli che, come sappiamo, per il segmento pesante, accusa una contrazione del 5 per cento quest’anno e di una ulteriore diminuzione per il 2020.

Quindi meno “ciccia” per tutti e una torta da spartire in più parti. Quali saranno le prossime mosse?

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LA LUCE IN FONDO AL… TUNNEL

Lo so. Questo spazio non deve e non vuole servire a far politica. Però, quando coloro che dovrebbero essere super partes si schierano nettamente e ingiustificatamente da una parte, allora mi vien voglia di trasgredire a questo dictat.

Ovviamente mi sto riferendo al progetto di collegamento ferroviario Torino-Lione. Al maschile o al femminile non importa… sempre TAV è e sempre di TAV parliamo.

È vergognoso che professionisti di caratura internazionale si prestino alle volontà, peraltro incomprensibili, di un Ministro senza arte né parte. Un Ministro delle Infrastrutture convinto dell’apertura del Traforo del Brennero, solo per citarne una delle sue.

La famigerata analisi costi-benefici del Prof. Ponti è un evidente colabrodo. Prova ne è il fatto che su sei professionisti incaricati di redigere il documento, uno si è rifiutato di firmarlo. Abbastanza pesante come percentuale direi.

Ad ogni modo, in questa pagina non c’è lo spazio per entrare nel merito “micro” del documento, ma vorrei solo sottolineare quelli che, a mio avviso, sono i punti “macro” del problema in sé. Nelle prossime pagine, poi, potrete leggere anche una analisi di Paolo Volta, su uno degli aspetti del documento.

 

Il primo aspetto è quello relativo alle opportunità. Una valutazione avulsa dal mero conto economico e che deve considerare l’ampiezza del traffico merci e di persone a livello Continentale, in questo caso da est ad ovest e viceversa. La chiusura del “buco” comporterebbe inevitabilmente un passaggio a nord delle Alpi del Corridoio 5. Perché i traffici di certo non si fermano a seconda di come si sveglia un Ministro o il Governo di un Paese. Questa considerazione va al di là dello stato di sviluppo del detto Corridoio che, sicuramente, sta subendo rallentamenti su più fronti.

Soffermiamoci ora sullo stato dei lavori. È vero, mancano più di 10 anni al completamento dell’opera, ma vi rendete conto a che punto siamo? Siete mai entrati nel “buco”? Io sì, e ormai già due anni fa. Oggi i lavori di scavo lato Italia (ribadisco: lato Italia!!) sono già finiti e quelli francesi sono quasi al termine (mancherà poi la tratta comune di circa 60 km). Quindi è meglio chiudere un buco quasi ultimato o arrivare alla fine di esso?

Entriamo un pochino più nel merito dell’analisi costi-benefici. Possibile che in una tanto dettagliata analisi, che per quanto riguarda i benefici si basa tra l’altro su stime più o meno oggettive, non consideri i contributi europei? Sono il quaranta per cento degli 8.6 miliardi di costo totale del tunnel di base. Nel documento, però, non ci sono. Inoltre, vengono evidenziate spese per il nostro Paese di 7.6 miliardi, quando invece la spesa massima prevista è di 4.6 miliardi, come previsto dal trattato internazionale. Tutto questo senza considerare la possibilità, quasi certa, che l’Europa aumenti il suo finanziamento al 50%, con un impatto (positivo) enorme sui conti.

Altro aspetto, quello delle penali in caso di rinuncia. 3,8 miliardi tra imprese, Francia e UE. Contro i 3 miliardi previsti (anche nell’analisi) per completare l’opera.

Infine, ma non è un particolare da poco, consideriamo che quest’opera è già stata voluta, approvata e avviata da anni di precedenti governi e accordi internazionali. A partire dal 1991, fino al recente stanziamento di 2,5 miliardi (Finanziaria 2012) che non possono essere spostati su altri lavori. Quindi, per rescindere il trattato internazionale che regola il/la TAV, oltre che un voto parlamentare, servirebbe anche la copertura economica, che sulla base delle analisi del gruppo-Ponti e di quella giuridica, supera i 3.8 miliardi.

 

Non me ne vorrà il mio amico Paolo Volta, ma ricito la frase che leggerete nel suo editoriale: “chi vuole uccidere il proprio cane dichiara che ha la rabbia”.

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ARIA DI NUMERI

Prendiamo spunto dal commento di Gianandrea Ferrajoli, Vice Presidente e Coordinatore Gruppo Trucks di Federauto e Presidente e CEO Mecar per dare la situazione del segmento over 35 quintali. Riportiamo la dichiarazione di Ferrajoli:

I dati di fonte ACEA indicano che nel periodo gennaio-giugno 2018 le immatricolazioni di veicoli superiori a 3,5 t sono cresciute del +14,5% rispetto al pari periodo 2017 (14.035 contro 12.254 unità), mentre il comparto dei veicoli pesanti con massa totale a terra uguale o superiore a 16 t ha registrato un incremento del +16,7% (11.483 unità contro 9.841).
L’analisi dei dati conferma il trend di crescita dell’ultimo biennio che ha visto il consolidamento del nostro settore, con una coda lunga che ha interessato anche questi primi mesi del 2018.

Il precedente Governo, nello scorso biennio, ci ha messo in condizione di utilizzare degli strumenti fondamentali per rinnovare il nostro parco circolante e ci ha permesso di continuare ad essere competitivi nel contesto europeo, evidenziando l’importanza del nostro mercato che – non va dimenticato – è nelle prime quattro posizioni in Europa. Auspichiamo quindi che il nuovo Governo, al quale rivolgeremo le nostre istanze a settembre, si concentri e si focalizzi su una politica di incentivi strutturali che permettano al settore di rinnovarsi nel segno della tecnologia e della eco-sostenibilità.
Le previsioni per i prossimi tre anni prevedono un rallentamento di ordini rispetto al boom del biennio passato, ma contemporaneamente assisteremo alla crescente espansione delle nuove soluzioni energetiche, come l’elettrico e soprattutto il metano, sia in forma gassosa (CNG) che liquida (LNG). Si tratta di tecnologie che saranno sempre più centrali per lo sviluppo del nostro settore e che andranno ad “alzare l’asticella” qualitativa delle nostre strutture, creando un vero e proprio nuovo ecosistema. Prepariamoci quindi ad investire in infrastrutture, ma soprattutto sul capitale umano e sulla formazione, che rappresentano l’elemento centrale per lo sviluppo e la crescita del nostro comparto.

Voglio infine ricordare e salutare con un sentito ringraziamento Sergio Marchionne, un italiano cosmopolita e visionario, che più di tutti ha contribuito al passaggio di transizione dell’automotive dal ventesimo al ventunesimo secolo. Una figura centrale per l’economia globale e un riferimento importante per chi ogni giorno è chiamato a rispondere alle difficoltà e alle sfide di un mercato sempre più complesso e veloce.

 

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TE LO DO IO IL GAS!

Ormai è un concetto che si sta diffondendo sempre di più. I carburanti alternativi intesi come gas metano, biocarburanti e via dicendo sono il presente o il prossimo futuro della propulsione commerciale. Il vero futuro dei motori di truck, van ma anche auto è sicuramente l’elettrico.

Nonostante molte Case stiano, giustamente, spingendo su LNG e altre motorizzazioni ecosostenibili, pare che queste soluzioni siano, in realtà, “di passaggio”. Un passaggio obbligato, questo non c’è dubbio, ma pur sempre di passaggio. La difficoltà di una rete distributiva adeguata, in primis, sta portando, dunque, a studi sempre più approfonditi e impegnati verso una propulsione elettrica o, quantomeno, ibrida.
In una intervista di Marco Lazzoni (AD di MAN Italia), pubblicata sul numero du luglio di Trasportare Oggi, il manager della Casa del Leone è uscito – forse per primo in via così ufficiale – allo scoperto, dichiarando che MAN sta già testando in Austria un veicolo che rispecchi le esigenze di un trasporto 5/6 o 7.0.
Ancora più avanti, SCANIA, che primo Costruttore in assoluto, ha messo in commercio il primo truck ibrido. Una soluzione al momento perfetta, dal nostro punto di vista, in quanto mette a disposizione un motore diesel per le esigenze più impegnative e quando le batterie sono scariche, e un altro motore (che si ricarica anche cineticamente), in grado di spingere il veicolo con emissioni zero.

Lo abbiamo scritto sull’editoriale di agosto/settembre, comunque, ma lo ribadiamo qui: FATE LA SCELTA GIUSTA! Investite nelle nuove tecnologie, nelle nuove motorizzazioni e nelle soluzioni che le Case si impegnano a studiare e mettere sul mercato. Una azienda moderna si vede dalle scelte che fa.

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Lo spettro del fermo

Oggi si vota in molte città. Chissà se andando a votare qualche autotrasportatore starà pensando anche al voto che ha dato in sede di Associazione per decidere chi lo debba rappresentare in sede istituzionale…

Beh, nel caso lo facciate, pensate anche che poco cambierà. Non è per essere pessimista, qualunquista o, men che meno, governativo. Sta di fatto che anche questa volta, lo spauracchio usato dalle Associazioni di Categoria per protestare contro la politica del governo è… lo sciopero, il fermo!

Il 7 giugno, alla luce dell’atteggiamento poco collaborativo del Governo, UNATRAS deciderà se confermare il fermo già deciso per far sentire la propria voce contro un dietrofront istituzionale sulle promesse fatte al settore.

E cosa accadrà? Nulla. Perchè, nonostante ci sia un coordinamento centrale (UNATRAS appunto) delle associazioni, ognuna cercherà in qualche modo di portare avanti gli interessi dei propri associati, ognuna cercherà di avere la propria posizione e voce di rilevanza, alcuni degli associati aderiranno, altri no. E quale sarà il risultato? Fermo macchina e conseguente mancato guadagno per “N” giorni, disagi ai consumatori per un nulla di fatto, e tanto parlare.

Siamo all’inizio di una timida ripresa. Cosa comporta fermare le proprie attività proprio in questo momento? Ci lamentiamo, a volte, che il veicolo deve star fermo qualche ora per la manutenzione, e adesso che si prospetta un fermo di giorni non ce ne importa nulla?

Che fare? Come protestare? Come far valere i propri diritti?
Una soluzione, per l’Italia, di fatto non ce l’abbiamo se non invocare sempre la solita aspirazione: ESSERE UNITI, DAVVERO!
Un fermo ha senso se porta dei risultati concreti. In Francia, lo abbiamo detto mille volte, se si ferma l’autotrasporto si ferma il Paese. In Italia, al massimo riceveremo in ritardo il nostro nuovo smartphone.

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Si è spenta la voce degli autotrasportatori

Tocca a noi, colleghi, amici e compagni di mille avventure professionali salutare coloro che ci lasciano. È un onore farlo, naturalmente, soprattutto quando si tratta di persone che hanno battutto con passione, onestà e grandi doti giornalistiche, le stesse strade che noi stessi abbiamo battuto.

Così è per me, in questo momento. Mi accingo a salutare Fabio Montanaro – classe 1944. Un Giornalista con la “G” maiuscola che, tra i tanti pregi, ha avuto quello di portare la Voce degli autotrasportatori in radio, dando loro spazio senza filtri né paletti.

Lo saluto, senza potermi onorare di dire di essere un suo Amico, come molti colleghi lo sono stati. Fabio ho avuto modo di frequentarlo poco, spesso di sfuggita, tra una conferenza stampa e un’altra, tra un viaggio e un test drive. Ma, sempre, in ogni occasione, ho potuto cogliere la sua straordinaria intelligenza, la sua affabilità e la sua voglia di confrontarsi con gli altri.

Vorrei poter dire di essere stato suo amico, ma mi fermo alla parola “collega”, e già questo è un onore, parlando di una firma come quella di Fabio.

Direttore di HP Trasporti e Tir – esordì in Rai con Onda Verde Camionisti, che poi divenne Mondo Camion, per poi assumere l’ultima denominazione di Uomini e Camion. Avviò, poi, altre due importanti trasmissioni radiofoniche dell’autotrasporto: Radio Tir, in diretta notturna, e gli spazi informativi dell’Albo degli Autotrasportatori su Isoradio.

 

Ciao Fabio, il tuo prossimo Editoriale parlerà di altre strade.

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Avanti popolo.. alla riscossa!

Non sembra vero… ma quasi alla fine dell’anno possiamo dire che è realtà. Anche i veicoli pesanti rialzano la testa. Non aggiungo nient’altro se non riportare il comunciato stampa di Econometrica che pubblica i dati dei primi mesi 2015. Avanti così.. Avanti la riscossa!

 

Nei primi otto mesi del 2015 in Italia le immatricolazioni di autocarri pesanti (e cioè con portata di 16 tonnellate ed oltre) sono aumentate del 24% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’aumento medio delle immatricolazioni di autocarri pesanti registrato nello stesso periodo nei paesi dell’Unione Europea è stato del 20,7%, e quindi sensibilmente minore rispetto a quello del nostro Paese. La crescita registrata in Italia supera quella della Francia (10%) e della Germania (3,6%). Questi dati sono resi noti dal Centro Ricerche Continental Autocarro e derivano da un’elaborazione di Acea.
Anche il mercato degli autobus in Italia ha fatto registrare un andamento positivo. Nel nostro Paese infatti nei primi otto mesi del 2015 le immatricolazioni di autobus sono aumentate del 15,1%. Nello stesso periodo l’aumento medio registrato nei paesi dell’Unione Europea è stato del 16,5% e quindi maggiore rispetto a quello italiano.
“La crescita delle immatricolazioni nei primi otto mesi del 2015 – sottolinea Daniel Gainza, direttore commerciale di Continental CVT – testimonia che il settore dei veicoli pesanti in Italia è in ripresa. Un’ulteriore conferma di questo andamento positivo è anche l’aumento della percorrenza autostradale dei mezzi pesanti” (+2,9% nei primi sei mesi del 2015, secondo i dati rilevati da Aiscat).