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I 10 comandamenti

Con il rischio di essere ripetitivo, ancora una volta l’oggetto della sterzata è la lotta ai consumi di carburante! Nonostante le nuove Gamme Euro6 abbiano delle catene cinematiche dalle performance più alte abbinate a consumi più bassi e nonostante il costo del petrolio sia ai minimi degli ultimi anni, il consumo di carburante rimane il nemico numero uno da combattere. Giusto per inquadrare l’argomento, ricordiamo che un risparmio di carburante del 5%, tradotto in soldoni significa 2/3000 euro all’anno. Ad oggi, il costo del carburante, è l’unico variabile e comprimibile, tra i tanti costi fissi che ritroviamo per la gestione di un veicolo.

Se da una parte la riduzione dei consumi si ottiene grazie all’evoluzione delle tecnologie, supportate da gestioni elettroniche sempre più sofisticate, dall’altra il vecchio fattore umano rimane una variabile su cui si deve lavorare. Tempo fa abbiamo realizzato un opuscolo con 10 consigli di guida per ridurre il consumo di carburante. Nel preparare la pubblicazione ci siamo basati sul buon senso, sull’esperienza ma abbiamo usato anche un pizzico di creatività. La nostra esperienza è stata costruita nel corso degli anni attraverso i corsi di formazione che noi, come le altre case costruttrici, svolgiamo con i trasportatori. Si potrebbe concludere dicendo che alla base di tutto rimane sempre l’uomo. Ebbene leggendo qua e là, si vede come l’evoluzione tecnica dei veicoli tenda a diminuire se non a ridurre del tutto la variabile umana. Tutto ha avuto inizio qualche anno fa, con l’introduzione di veicoli sempre più facili da guidare, mezzi che non consentivano errori di guida, con motori più elastici, che permettevano anche ai meno esperti di avere una guida facile e sicura. L’evoluzione tecnologica dei veicoli sta puntando ad un monitoraggio continuo che consenta al conducente di adottare automaticamente lo stile di guida più adatto al percorso e alle necessità ambientali… della serie. “tu gira il volante che al resto ci pensiamo noi”. Solamente una ventina d’anni fa ciò sembrava fantascienza. Ma questo è niente se lo paragoniamo a quello che ci aspetta in un futuro più o meno prossimo. Sto parlando dei veicoli senza autista, dei veri e propri convogli di mezzi che, come i bravi bambini in gita che si tengono per mano e seguono la maestra, nel nostro caso il capo convoglio. La mano per i truck è ovviamente virtuale.

Ora mi chiedo, come saranno i veicoli del futuro se non avranno più l’autista? Oggi i prototipi utilizzati sono veicoli dall’aspetto tradizionale, opportunamente modificati. Un domani se non ci sarà più nessuno alla guida la forma delle cabine sarà stravolta, forse lo stesso concetto di cabina sparirà. Immaginate l’opuscolo dei 10 consigli di guida per ridurre il consumo di carburante… cosa scriviamo? Raccomandare alla centralina elettronica di non distrarsi flirtando con quella dell’Ad Blue, oppure di mantenere la memoria libera senza infognarsi in aree internet poco raccomandabili? Immaginiamo cosa non servirebbe più in cabina. Innanzitutto i sedili, non essendoci più l’autista a cosa servirebbero?. Ogni volta che si vorrà spostare un veicolo manualmente, basterà l’intervento di un incaricato che anche a distanza avrà la possibilità di muoverlo a suo piacimento come fosse un modellino radiocomandato. Oggi tutti noi ci vantiamo per aver trovato posto per tutto, nel senso che tutti gli oggetti ed effetti personali hanno un contenitore dove essere riposti o alloggiati. Dai vestiti al microonde, dal frigorifero ai documenti. Ebbene, sparirebbero anche tutti i ripostigli e gavoni. A questo punto si potrebbe dare una forma nuova alla cabina, dando una forte inclinazione al parabrezza. Attenzione pero, a questo punto sparirebbe anche la zona notte, che bisogno c’è di avere una brandina? E allora via il parabrezza inclinato, seghiamo di netto il tetto e la risolviamo subito. Cosa rimarrebbe in cabina? La leva del cambio? Via! Il volante? Idem. Sembra proprio che la cabina del camion sia proprio destinata a sparire.

Questo scenario avrebbe ovviamente delle ripercussioni sulla società. Ad esempio, che fine faranno tutti quegli artisti che aerografano dei capolavori sulle cabine? E le tanto attese aree di sosta? Vuoi dire che i nostri politici hanno già in mente questo scenario visto che il ministero competente prevede una riduzione delle aree di servizio e sosta in autostrada? A proposito di aree di sosta, come potrebbero riciclarsi le trattorie del camionista? Domande senza risposta, però pensiamoci bene, prima o poi il futuro arriverà. Intanto continuo a pensare ai 10 comandamenti… pardon, consigli.

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Cose dell’Ecomondo

Si è appena concluso il salone Ecomondo di Rimini e possiamo già fare alcune considerazioni. Anzitutto riguardo all’affluenza dei visitatori, che ha registrato – secondo i dati ufficiali – un aumento di presenze rispetto alla precedente edizione. Un dato confortante di questi tempi, che può essere interpretato come un segnale positivo dell’economia in generale, anche se è limitato ad un settore specifico. Il settore dell’ecologia, in generale, ha mostrato una sua effervescenza in diverse realtà italiane che si distinguono anche a livello internazionale.

 

In questo contesto anche i veicoli industriali hanno calcato il palcoscenico della rassegna rivierasca, esposti in stand molto essenziali, improntati più sul business che sullo show. Benché non tutti i costruttori fossero presenti direttamente, l’impressione è che Ecomondo rappresenti una vetrina alla quale sarà sempre più difficile rinunciare. Questo perché in un momento in cui le attività di distribuzione e di trasporto risentono della congiuntura, le applicazioni di trasporto collegate al pubblico costituiscono un potenziale ancora vitale. Non illudiamoci però di avere trovato un nuovo El Dorado, soprattutto per via delle limitazioni economiche a cui devono sottostare comuni ed enti locali. Posso però testimoniare l’alto livello d’interesse dei vari rappresentanti delle municipalizzate, stimolati anche dalla crescente necessità di rispettare le normative antinquinamento promosse a livello europeo.

A differenza di quanto avviene in un salone tradizionale, i costruttori di veicoli industriali presenti, hanno privilegiato l’esposizione di mezzi più idonei a utilizzi, quali ad esempio la raccolta rifiuti, piuttosto che il classico trattore maxi potenza full optional.

 

Tutto ciò stimola una riflessione: vista la quantità e qualità dei visitatori, visto l’impegno e professionalità delle case presenti, vista l’elevata rappresentanza di case legate al movimento terra, vista la posizione baricentrica di Rimini e la facilità dei collegamenti (ad esempio in treno) ed infine considerando che il salone si tiene a Novembre, un momento propizio per pianificare gli acquisti dell’anno successivo, non c’è il rischio che Ecomondo diventi a breve l’unico vero punto di riferimento del mondo del truck?

Ovviamente la domanda dovrebbe fare riflettere i promoter delle manifestazioni pseudo concorrenti, anche se, immagino che lo stiano già facendo. Forse però la riflessione dovrebbe essere fatta ancora più a monte, ovvero, a parte il salone di Hannover, c’è ancora spazio per un salone solo per veicoli industriali stile fiera campionaria nella vecchia Europa?

Teniamo conto che, ad esempio in Italia, il mercato si è ridotto a un terzo con effetti devastanti per le case, le loro reti di vendita, carrozzieri e ovviamente per i trasportatori. Questi ultimi tra l’altro sono super informati sulle offerte di tutte le case costruttrici sia in termini di prodotto che di prezzi  e non aspettano un salone per raccogliere informazioni, già accessibili sulle diverse piattaforme online sviluppate singolarmente dalle aziende.

Inoltre anche i costruttori prediligono sempre di più degli eventi in-house, offrendo agli invitati prove dinamiche, presentazioni dedicate e soprattutto nessuna distrazione esterna.

 

Vorrei precisare che non sto promuovendo Ecomondo a discapito di altre manifestazioni, ci mancherebbe. Però la scelta degli organizzatori del polo fieristico di Rimini, di anticipare di un giorno l’edizione 2015, cancellando la giornata di sabato, è sintomatica di come la riuscita di un evento non si misuri più con il numero di visitatori, ma con la loro qualità. In quest’ottica l’evento TruckEmotion, che si tiene sul circuito di Monza, ha una formula che si rivela esattamente complementare, con un denso programma che si sviluppa nel fine settimana, offrendo come plus la possibilità di effettuare delle prove dinamiche di veicoli. Il continuo interesse nei confronti dell’evento brianzolo dimostra d’altro canto come ci sia spazio per un evento più per autisti che per titolari di flotta. Il ritorno dalla partecipazione a questa manifestazione è più di immagine che di business; benché l’organizzatore sia un forte catalizzatore dei personaggi più importanti del settore, attraverso un fitto programma di presentazioni e tavole rotonde. A questo punto non resta che aspettare di vedere come risponderanno i promoter degli altri eventi in programma l’anno prossimo, in termini di contenuti e format. Il tutto nell’interesse di quanto ci sta più a cuore, ovvero il mondo dell’autotrasporto.

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Orgoglio senza pregiudizi

Ebbene si, dopo tanti anni, 24 per l’esattezza, Renault Trucks si aggiudica il premio di International Truck of the Year. E quindi, una volta tanto, lasciatemi parlare della Casa della Losanga.
Dicevo che sono passati 24 anni dalla precedente aggiudicazione del medesimo titolo. Allora il veicolo premiato era l’AE Magnum, un mezzo che fino a pochi mesi fa continuava a distinguersi per l’unicità del suo progetto, più simile a un truck “cab over” americano. Un prodotto accolto con una certa diffidenza, in un contesto di mercato del veicolo industriale abbastanza conservatore soprattutto allora.
Del resto in questi vent’anni Renault Trucks ha dimostrato una particolare effervescenza per quanto riguarda le soluzioni aerodinamiche, di comfort di bordo e anche di tecnica, pensando “out of the box”, ovvero fuori da schemi classici. Un esempio per tutti, il mitico Radiance che ha dettato la strada per l’evoluzione di linee e soluzioni varie.

Con questo background gli ingegneri di Lione non potevano certamente rinchiudere il progetto della Gamma T in uno schema classicamente rigido. L’equipe di Hervè Bertrand, il designer recentemente insignito del Premio Slice (premio assegnato dalla rivista inglese British Design & Art Direction (D&AD) che promuove i migliori esempi di progettazione originale a livello mondiale), non ha perciò messo limiti nella definizione iniziale del progetto. Il risultato ancora una volta non lascia indifferenti, anzi offre notevoli spunti di discussione. Ancora una volta il costruttore francese percorre una strada diversa dal resto del gruppo, con una linea innovativa che conferisce all’insieme un’immagine di forza e robustezza, valori sempre ben tenuti in considerazione dai trasportatori.

Non solo estetica, però: l’inclinazione del parabrezza di 12 gradi, associato alla sezione trapezoidale della cabina, permette al veicolo di ridurre lo sforzo di penetrazione dell’aria a vantaggio dei consumi.
Insomma, l’aerodinamica realmente definita per risparmiare anche la più piccola goccia di carburante. Consentitemi di affermare che un progetto come questo era predestinato ad aggiudicarsi il titolo di Camion dell’Anno.
Questo riconoscimento viene sfruttato da diversi costruttori nelle maniere più disparate, da chi non comunica affatto, a chi sembra che abbia vinto il titolo dei titoli. Penso che come al solito la giusta misura sia nel mezzo; è giusto celebrare sul mercato questo titolo, non solamente con il classico adesivo sul parabrezza, ma con una serie di attività che facciano comprendere e condividere le ragioni della scelta.
In questo Renault Trucks è molto avvantaggiata rispetto a qualche vincitore passato, avendo tanti contenuti da presentare e raccontare. Ciò coincide anche un con un cambio di strategia di comunicazione del costruttore transalpino, più incline a dimostrare sul campo e con i fatti le qualità e le caratteristiche del nuovo veicolo, piuttosto che fare della pura comunicazione fine a se stessa. Non è un caso che la campagna di lancio delle nuove gamme Renault Trucks si sia caratterizzata da uno slogan semplice ma efficace: il mio camion è un centro di profitto. Un impegno misurabile che non permette nessun genere di bluff. L’imminente evento TruckEmotion sarà il primo palcoscenico in cui la nuova Gamma T potrà fregiarsi del titolo; ancora una volta saremo pronti a confermare su strada (in questo caso pista) le qualità che hanno convinto la giuria internazionale, composta da 25 giornalisti di altrettante nazioni europee, a nominare la Gamma T camion dell’anno 2015.

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Pirati!

Il fenomeno della contraffazione e della pirateria ha raggiunto livelli record; la crescente domanda di beni di qualsiasi genere, le difficoltà nel reprimere produzione e commercio dei falsi non lasciano intravedere una soluzione a breve. A soffrire di queste pratiche illegali sono soprattutto i grandi marchi, che vendono prodotti su larga scala.
Recentemente la pirateria è cresciuta maggiormente nel campo dell’informatica, pensiamo ad esempio alla musica, ai film, ai software, ma anche la cosiddetta “old economy” è altrettanto affetta da questo commercio parallelo. Pensate che già nel 1300 a.C., gli artigiani che lavoravano le ceramiche di grande qualità, come ad esempio le anfore per conservare il cibo, identificavano i loro manufatti per indicarne inequivocabilmente l’origine e, di conseguenza, la qualità. Già allora si era compresa l’importanza di tutelare il lavoro ed evitare contraffazioni. Questa esigenza di tutelare i marchi, come detto, nata nel passato si è mantenuta fino ai giorni nostri.

Abbiamo accennato ai grandi marchi; nel caso dei costruttori di veicoli, lo sviluppo di nuovi prodotti richiede massicci investimenti economici, per ricerche su nuove tecnologie, nuove soluzioni, sviluppo di materiali, ecc con l’obiettivo di proporre prodotti e servizi che presentino il massimo livello di qualità e prestazioni. Tuttavia se il marchio del costruttore non viene tutelato in modo adeguato, si rischia che si degradi in poco tempo facendogli perdere parte del valore. Un marchio infatti non è solo un nome e un logo, è una garanzia per i clienti e quindi proteggerlo è fondamentale.
Prendiamo, ad esempio, i componenti contraffatti. Spesso sono realizzati con materiali di qualità inferiore e non sono soggetti agli stessi test a cui vengono sottoposte le parti originali, compromettendo così la qualità e la sicurezza. Lasciare in commercio queste parti andrebbe a deteriorare il marchio e la relativa immagine. Tutto ciò accade nonostante i costruttori registrino e proteggano i progetti nelle loro totalità compresi i principali ricambi, tra cui paraurti, griglie, fari, specchietti e tutto ciò che ha un valore di mercato.

Sono così nate delle figure professionali, il cui compito, come dei segugi, è quello di individuare i falsi, risalire al produttore e perseguirli. Li ho definiti dei segugi perché ad esempio riescono, annusando un ricambio pirata, a identificarlo come falso. Non è una magia però, in quanto molto spesso, una plastica di bassa qualità emana degli odori cattivi. Altri “trucchi” per identificare i ricambi pirata si affidano ai sensi, dal tatto per rilevare superfici con rugosità grossolane o spigoli accentuati, all’orecchio picchiettando i rivestimenti ottenendo dei suoni solitamente più sordi. Questi professionisti possono essere considerati dei veri e propri 007 che girano il mondo e visitano fiere per trovare eventuali falsi e stopparli sul nascere. A volte il costruttore di ricambi contraffatti non si limita alla realizzazione dei manufatti, ma immette sul mercato i prodotti inscatolati e marchiati in maniera ambigua con riferimenti che richiamano un marchio specifico.

Oggi i paesi asiatici sono il centro della contraffazione. Rimanendo in campo automobilistico, i produttori dei falsi non si limitano a copiare ricambi. Se visitiamo una qualche fiera asiatica non è raro imbattersi in veicoli dall’aspetto familiare con marchi storpiati, rispetto a quello preso a riferimento. Una pratica che all’inizio era vista con curiosità, mentre ora rappresenta una minaccia. Come finirà? Lo scopriremo prima o poi su questa rivista. Ma mi raccomando, diffidate delle imitazioni!

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Sostiamo in un sogno

In questo periodo vacanziero, percorrendo le autostrade di sera e di notte o nei weekend, si evidenzia ancora più prepotentemente il problema delle aree di sosta per i veicoli pesanti. Lungo le autostrade non si contano i mezzi in sosta per la pausa notturna; un ristretto numero di fortunati trova-no una sistemazione, stile acciughe in scatola, nelle aree di servizio. Chiunque di voi avrà provato le difficoltà nel raggiungere le pompe di ben-zina, alla ricerca di un pertugio tra tir in sosta. I più si disseminano lungo le tratte autostradali, confidando nella comprensione delle pattuglie preposte ai controlli, in qualunque spazio disponibile. E’ curioso assistere a prove d’incompenetrabilità dei solidi, ad esempio quando due bilici si “restringono” per stare entrambi in un’area di sosta. Uno spettacolo proprio bello, da offrire come biglietto da visita, ai turisti stranieri appena entrati in Italia. Pazienza direte voi, tanto ormai si aspetta-no di tutto e godono a vedere scene da terzo mondo in un paese che orgo-gliosamente si considera tra le maggiori potenze industriali del mondo. E poi chi lo dice che oltre le Alpi non accada lo stesso? Appunto, venga fuori chi lo dice.

 

Comunque fino a qui nulla di nuovo; cerchiamo però di capire quali sono i risvolti e le ricadute negative sulla società e magari immaginare una situazione ideale. Sì spendono soldi pubblici per campagne che hanno l’obiettivo di migliorare l’accettazione del mondo del trasporto nei confronti della società facendo poco o nulla per migliorare le condizioni di lavoro di chi praticamente passa la propria vita al volante di un camion. Siamo sicuri che alcuni incidenti non siano stati causati proprio dal fatto che alla guida dei mezzi ci sono degli uomini che come degli zombi, che quando non sono alla guida, devono ri-manere in uno stato di dormiveglia vigile, pronto a spostare il veicolo in qualsiasi momento, col patema di ricevere visite inaspettate, nel migliore dei casi di una prostituta? Come pretendere che costoro siano al 100% del-la propria condizione psicofisica? Siamo sicuri che tutto ciò non vada a de-perimento della sicurezza sulle strade?

 

Certo, si potrà obiettare che le cosiddette TruckStop, più comunemente dette aree di sosta per i camion, siano di fatto una realtà anche in Italia. Vero, ma se veramente fosse così, non dovremmo assistere agli spettacoli notturni con cui ho aperto la Sterzata. Le realtà ben funzionanti si contano forse su una mano sola e rappresentano purtroppo poco più che una goc-cia nel mare infinito del nostro trasporto.

 

Se fossi un investitore, farei più che un pensiero sull’opportunità di investire nelle TruckStop. Per buona pace degli ambientalisti, le proiezioni del traffi-co merci su strada vedono uno scenario in continua crescita in Europa e conseguentemente anche in Italia nei prossimi anni. Con queste premesse quindi sarebbe possibile prefigurare un piano d’investimento a lungo termi-ne. Prendendo spunto da quanto già operativo in alcune nazioni europee o meglio ancora negli Stati Uniti d’America, ritengo ci sia molto spazio per rendere il business profittevole, grazie a intelligenti operazioni di marketing e azioni commerciali.

 

Concludo la Sterzata, immaginando una TruckStop ideale per i servizi offerti. Ovviamente metterei al centro di tutto il benessere per l’autista in quanto uomo (inteso come essere umano). Il servizio ristoro, vedrebbe la consulenza gratuita di dietologi per suggerire il giusto mix di alimenti, per dare la giusta carica energetica, senza i classici appesantimenti. Per i più assidui, identificati dalla tessera Premium, la possibilità di interagire con i dietologi via smartphone, e con lo stesso, concordare il menu in anticipo. In questo modo si ridurrebbero anche le attese in coda con il vassoio, libe-rando le persone per altre attività. Queste ad esempio potrebbero com-prendere delle attività fisiche che ricarichino la mente attraverso la concen-trazione e che sciolgano i muscoli. Ad esempio, dieci minuti di golf virtuale, ovvero indoor, con la pallina proiettata in un grande schermo. Un’esperienza molto realistica e avvincente, tra l’altro i più portati potrebbe-ro scoprire un nuovo hobby! Per chi invece vuole riposare, direttamente dal Giappone i Cabin Hotel, qualche ora sdraiato in una confortevole cabina all’interno di una parete (oddio sembrano dei loculi) in cui si può respirare aria purificata e scegliere eventuali fragranze aromatiche rilassanti. Preve-derei in un’altra area anche un sistema di massaggi e saune, ma mi fermo qui per evitare battute fuori luogo. Insomma la mia TruckStop ideale avreb-be un taglio olistico a vantaggio della società e della produttività, con l’invidia di tutti gli altri professionisti della strada…. in automobile. Vi invito a segnalare altri servizi che pensate potrebbero essere offerti, direttamente sul blog. Nel frattempo: AAA finanziatori cercasi! .