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Blog Me ne frego

NON CI RESTA CHE… TRASPORTARE

Qualsiasi cosa scriviamo OGGI, giorno di chiusura del nostro giornale, sarà sicuramente anacronistico quando lo leggerete. Il virus si diffonde ad una velocità inaudita e così anche gli interventi, le reazioni, gli atteggiamenti della gente, la comunità internazionale.

Se proviamo a catapultarci col pensiero indietro di un paio di mesi, a quando stavamo approntando un 2020 ricco di progetti, eventi, fiere e iniziativa di vario genere, sembra di parlare di un secolo fa. OGGI – e ribadisco OGGI che vi scrivo – le nostre vite sono cambiate, per forza di cose. Non sappiamo – ad OGGI – per quanto tempo, ma sicuramente molte cose non saranno più come prima. Nel bene e nel male.

Questo virus ha scatenato l’inferno in tutto il mondo, ma sono certo che ha anche scatenato le coscienze e la creatività di molti. Se da un lato, grazie a Dio, le Istituzioni stanno promulgando leggi e decreti per cercare di contrastare un nemico “invisibile” e sconosciuto e i sanitari (che non ringrazieremo mai abbastanza per ciò che stanno facendo) lottano per salvare quante più vite umane possibile, la comunità imprenditoriale, dei professionisti, commercianti e lavoratori in genere sta elaborando modi nuovi per fare economia. Sarà un esercizio utile anche per il futuro, ne sono certo.

Questo virus, poi, ci ha insegnato a fermarci un attimo, a rallentare i ritmi e forse, io spero, a dare importanza ai giusti valori. Ce ne ricorderemo quando sarà tutto finito? Io mi auguro di sì. Dovremo essere tutti pronti, sulla griglia di partenza, quando lo “starter” darà di nuovo il via, quando il male sarà sconfitto e la nostra vita riprenderà a scorrere con i suoi abituali ritmi. Sarebbe bello, però, che le esperienze vissute in queste settimane (o mesi, ancora non si sa), non si cancellino mai dalla nostra memoria. Sarebbe bello che facessimo tesoro delle nostre personalissime riflessioni, dell’immenso altruismo delle tante persone che sono oggi in prima linea, dell’italianità che affolla i nostri balconi e finestre all’appuntamento delle ore 18 di ogni sera.

Non conosciamo – OGGI – la dimensione finale di questa tragedia. Sappiamo solo che – già OGGI -numeri piccolissimi rispetto alle tante calamità e drammi attraversati in passato, stanno sconvolgendo il nostro mondo, senza confini, senza differenze di religione, colore della pelle o credo politico.

OGGI, che non sappiamo cosa accadrà domani, quando ci sarà la fine e come ne uscirà il nostro Pianeta, abbiamo però una certezza: il mondo del trasporto c’è! Il nostro settore, tanto bistrattato e poco considerato, sta garantendo all’Italia e al mondo, che ognuno di noi possa continuare, senza panico, a rifornirsi dei prodotti di cui ha bisogno. Forse – OGGI – qualcuno si accorge di noi. Forse qualcuno in più capisce e comprende l’importanza di chi ogni giorno è sulle strade, virus o non virus, guerra o non guerra, a consegnare le merci.

#IOSTOCOLTRASPORTO è la campagna che, insieme agli amici di Vado e Torno, abbiamo lanciato per testimoniare ed esaltare il lavoro dei professionisti del trasporto. Gli A.D. delle Case costruttrici ci hanno messo la faccia per dire grazie a chi ci consente di continuare a vivere più o meno con le nostre abitudini.

Un altro immenso grazie, va poi all’Ospedale Sacco di Milano, per il quale abbiamo attivato una raccolta fondi che potete trovare tra le pagine di questo giornale.

Siamo un Paese unico. Siamo un settore fantastico. Siamo la forza della società. Non fermiamoci, non fermiamo i nostri pensieri. #ANDRÀTUTTOBENE.

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Blog Non solo TIR

Se il virus è “social”

Cari lettori di Trasportare Oggi in Europa,

ci eravamo lasciati immaginando e proponendo un 2020 basato sul rinnovo degli schemi valoriali e, invece, ci ritroviamo ad affrontare una crisi dovuta all’epidemia di coronavirus del calibro e paragonabile, per stati emotivi e impatto sulla quotidianità, a quando il Paese era in guerra.
Il confronto può sembrare forte ma è evidente che le nostre abitudini di vita debbano cambiare drasticamente e rapidamente. Non è facile per un popolo occidentale, e in particolare per noi italiani, così abituati alla democrazia che è sinonimo di libertà, anche se in alcuni comportamenti spesso ne abusiamo.

Ma ora il pensiero che voglio condividere riguarda soprattutto lo spirito darwiniano, insito nell’uomo in generale, e molto spiccato tra gli italiani. Mi riferisco alla nostra estrema capacità di adattamento e sfruttamento in senso positivo di tutte le situazioni, anche quelle in principio vissute come negative.

Il primo forte cambiamento a cui siamo sottoposti riguarda la socialità, i contatti tra amici e conoscenti a cui siamo così abituati e che sono parte integrante del nostro modo di essere e vivere. Ecco, la lotta al nemico invisibile rappresentato dal virus ci costringe oggi a rimodulare la maniera in cui lavoriamo e ci confrontiamo, affidandoci completamente agli strumenti tecnologici che ci permettono di essere molto vicini anche se distanti fisicamente.

Una maniera “smart” di lavorare, di sentirci vicini e di continuare la vita quotidiana. Chiaramente all’inizio si avverte la non naturalezza di questi momenti e gesti, bisogna rieducarci ai nuovi canoni di comunicazione, reimparare le regole con cui ci si relaziona: ad esempio, nelle riunioni presenziali spesso si creano brevi micro-discussioni tra piccoli gruppi, cosa assolutamente non compatibile con una call conference, dove chiaramente è necessario che si parli uno alla volta, e dove ogni frase è necessariamente rivolta a tutti e non più ad una persona in particolare.

Soprattutto vorrei condividere una novità che si ritrova in maniera simpatica, ovvero come organizzare le pause caffè: capita che se stai lavorando da casa con la famiglia, e con la moglie anche lei in smart working, ti fermi a preparare il caffè (con la moka…), ti disconnetti un attimo dal lavoro e fai due chiacchiere con lei nel mezzo della mattina, riscoprendo un piacere originale e intenso, non avendo il tempo normalmente nella normalità della vita di ufficio di prendersi queste pause mattutine con la famiglia.

Quando arrivi ad apprezzare dei nuovi momenti grazie al cambiamento, significa che si supera il momento inizialmente impegnativo in cui la nuova situazione è vissuta come coercitiva, obbligata, peggiorativa e riscopri, invece, dei nuovi modi di vivere che apprezzi e che, potenzialmente, possono diventare la nuova normalità.

Sperando che questa crisi si arresti molto rapidamente, è possibile che alcuni di questi nuovi comportamenti, sperimentati obbligatoriamente per fronteggiare la contingenza del momento, rimangano anche nel “dopo virus”, diventando un nuovo paradigma di normalità: ovviamente mi riferisco alla possibilità di lavorare senza confini temporali e spaziali netti ma in maniera fluida e adattativa, potendo anche alternare e mixare momenti di lavoro e famiglia. Credo che questo rappresenti il vero work-life balance, e non una work-life “split” come spesso era identificata nel periodo “ante virus”, che oramai appartiene al passato