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SE SON ROSE FIORIRANNO

One Belt, One Road” è il progetto voluto da Xi Jinping (abbreviato nell’acronimo “Obor” o Bri) per una Via della Seta in una prospettiva contemporanea, con il focus sulla connettività infrastrutturale e commerciale dell’Asia, dell’Europa e dell’Africa. Si prefigge soprattutto di porre la Cina al centro delle rotte commerciali, ridisegnando di conseguenza gli equilibri economici e geopolitici mondiali.

A che punto siamo? La pandemia ha modificato il progetto iniziale?

I dati sugli investimenti cinesi nei 138 paesi della Belt and road iniziative (China’s Investments in the Belt and Road Initiative (BRI) in 2020 A year of COVID-19 Dr. Christoph Nedopil Director IIGF Green BRI Center Beijing, January 2021) mostrano che gli investimenti complessivi nella BRI nel 2020 sono stati di circa 47 miliardi di dollari. Ciò equivale a un calo del 54% degli investimenti nel 2019 e circa 78 miliardi di dollari in meno rispetto all’anno di punta degli investimenti BRI 2015.

In controtendenza, il settore della logistica ha registrato nel 2020 il 25% di investimenti in più rispetto al 2019 (anche se a livelli complessivamente bassi).

Gli investimenti energetici costituiscono la maggior parte di tutti i grandi volumi di investimenti BRI (gli investimenti energetici costituiscono anche la maggior quantità di accordi): nel 2020 sono stati di circa 20 miliardi di dollari. la maggior parte degli investimenti energetici è andata all’energia idroelettrica (35%), seguita dal carbone (27%) e dal solare (23%).

Una recente ricerca della Boston University in ha sottolineato la forte diminuzione dei prestiti delle policy bank cinesi all’estero: nel 2019 i due principali istituti di Stato, China Development Bank ed Export-Import Bank of China, hanno fatto registrare un calo di circa il 94% rispetto al picco stimato nel 2016 passando da 75 miliardi di dollari a 3,9 miliardi di dollari nel 2019. Il commento del quotidiano britannico Financial Time è stato molto forte” Una riduzione così drastica dei prestiti da parte delle banche cinesi equivale a un terremoto. Se persiste aggraverà un deficit di finanziamento delle infrastrutture che solo in Asia ammonterebbe a 907 miliardi di dollari l’anno, secondo le stime della Banca asiatica di sviluppo. In Africa e in America Latina si prevede che il divario tra ciò che è necessario e ciò che è effettivamente disponibile possa allargarsi ancora”. Paesi come Venezuela e Sri Lanka fanno molta fatica ad onorare i dediti. Un rapporto della società di consulenza Rhodium Group stima che nel 2020 almeno 18 Paesi hanno rinegoziato il loro debito con la Cina, e 12 erano ancora in trattativa con Pechino alla fine di settembre.

Gli investimenti nel settore dei trasporti sono fondamentali per il commercio tra Cina e paesi BRI. Di conseguenza, la Cina ha investito in strade, ferrovie, aviazione, spedizioni logistica in tutto il mondo. Gli investimenti nel settore aereonautico (circa 600 milioni di dollari nel 2020) si sono concentrati principalmente sulla costruzione di aeroporti in Africa. Nel dicembre 2020 è stato firmato un accordo per il primo segmento di 40 km della linea ferroviaria ad alta velocità Cina-Thailandia che collega Bangkok al confine thailandese con il Laos. La Cina sta inoltre costruendo una linea ferroviaria ad alta velocità da 6 miliardi di dollari che collega 142 km tra Jakarta e Bandung in Indonesia. Nel 2020 gli investimenti in infrastrutture stradali sono diminuiti di quasi il 70% a circa 4 miliardi di dollari. il Pakistan è uno dei maggiori destinatari degli investimenti cinesi in infrastrutture portuali, come il porto di Gwadar gestito dalla China Overseas Port Holding Company. Altri investimenti portuali strategici si possono trovare nel Pireo, in Grecia, oppure a Lamu e Mobasa , in Kenya, oltre che a Gibuti.

Il grande progetto di diplomazia infrastrutturale voluto da XI Jinping, tanto importante da essere inserito nella Costituzione del partito Comunista, ha subito una repentina battuta di arresto, anche se nel 2020 la Cina ha già compiuto i primi passi per garantire la sostenibilità dei progetti della BRI: per la prima volta gli investimenti in energia pulita sono stati la maggioranza (57%) degli investimenti cinesi nel settore energetico

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Blog Me ne frego

Il Trasporto è morto

Se prima lo chiamavamo in estrema sintesi “MIT”, ora come dovremo chiamare il Ministero che regola il nostro comparto? “MIMS”? sembra più il nome di un nuovo cartone animato.
Al di là delle battute, però, il cambio in Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, delinea l’ennesima poca considerazione che le nostre Istituzioni (e forse di conseguenza anche la comunità) ha nei confronti del comparto. Uno schiaffo, anche morale, a coloro che per mesi abbiamo chiamato “eroi”, ovvero i TRASPORTATORI e non i MOBILITANTI!

Contino a giocare con le battute, cercando di sdrammatizzare un problema che, invece, è serio. Serio come la non serietà con la quale il settore è da sempre stato trattato. Sono anni, decenni che ci troviamo in convegni, fiere e workshop a sottolineare come la logistica sia strategica per lo sviluppo di qualsiasi Paese. Ma siamo sempre al punto di partenza. Il Governante di turno ci dà a volte qualche contentino, ma senza posizionare l’Autotrasporto tra le priorità degli interventi.

Ora, è anche vero che noi stessi (operatori dell’informazione specializzata, operatori del settore, associazioni e industria) stiamo battendo da anni sulla necessità di trasformare il trasporto commerciale in un sistema sostenibile. Sì sostenibile, come diciamo sempre, non solo con una accezione ambientale, ma anche economica. E l’economia la fanno le imprese, gli autisti e tutto l’ecosistema che sta intorno al nostro mondo. La fanno gli autotrasportatori. Coloro che hanno bisogno di supporto per supportarci.
Il nuovo Governo è nato con un forte DNA ecologista (nel senso buono e puro del termine) ed è giusto che dia segnali forti in tal senso, come l’aver creato un apposito Ministero. Ma se per fare questo dà un segnale contrastante cancellando dal Ministero di riferimento persino la parola TRASPORTI, allora c’è qualcosa che non va.

Non credo vi sia il bisogno di ricordare al Neo Ministro, così come a chiunque, l’importanza del trasporto e della logistica per il paese e l’apporto fondamentale reso all’economia – dice Alessandro Peron, Segretario FIAP che sulla decisione del cambiamento di denominazione del dicastero ha esternato agli Organo Direttivi della Federazione, alle Imprese associate e ad alcuni colleghi, una evidente perplessità.

L’auspicio è, ovviamente, che ci sbagliamo. Che si vada al di là del nome e che il forte segnale di discontinuità col passato si veda nei contenuti. Chissà, magari una volta tanto riusciamo a fare così tanto clamore da portare il Ministro Giovannini ad un ripensamento. Magari Ministero delle Infrastrutture e del Trasporto Sostenibile potrebbe essere un buon compromesso?

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Blog Porto Franco

ON SALE!

Che fine farà l’industria automobilistica Italia? Ce lo stiamo chiedendo in molti. La nascita di Stellantis, grazie alla fusione tra Fca e il gruppo francese Psa rappresenta una grave sconfitta per l’industria del nostro Paese. Il tessuto imprenditoriale locale si impoverisce ulteriormente, mentre il management del quarto gruppo mondiale dell’auto parla molto francese e poco, pochissimo italiano. In gioco c’è il futuro dell’Italia, un Paese guidato da una classe politica miope, incapace di comprendere le drammatiche conseguenze di un continuo impoverimento dell’industria italiana, sempre meno competitiva nel contesto europeo.

Un impoverimento che il mondo del trasporto consce fin troppo bene. Negli ultimi anni abbiamo assistito all’emigrazione di tante, troppe aziende del settore verso Paesi esteri. L’emergenza sanitaria ha messo in evidenza quanto il settore del trasporto sia economicamente e socialmente fondamentale e strategico per il nostro Paese. Ci siamo illusi che tutti avessero compreso la strategicità di questo settore.

Eppure, il sistema trasportistico italiano è stato abbandonato ancora una volta, prima in Inghilterra quando si sono manifestati i primi effetti della Brexit e poi in Austria, con l’introduzione del divieto di transito notturno per i camion italiani sul Brennero. I nostri autisti sono stati abbandonati, ancora una volta, quando è stato il momento di identificazione le categorie da vaccinare con assoluta priorità. La circolazione delle merci, tra cui generi alimentari, prodotti farmaceutici, gas medicale non è forse un’assoluta priorità per il nostro Paese?

Il mercato dei veicoli industriali, sostenuto da incentivi e moratorie, secondo le stime di UNRAE ha chiuso con una flessione del 13,8%. Un dato apparentemente positivo rispetto a quanto prospettato. Apparentemente perché la moratoria rappresenta a tutti gli effetti un tampone all’emergenza, i veri problemi economici emergeranno nel corso dell’anno. Questo perché, lo ripeto ancora una volta, un settore considerato strategico necessita di interventi governativi strutturali a lungo termine.

SERVE UNA CLASSE POLITICA CAPACE
E PROGETTI STRUTTURALI DI LUNGO PERIODO

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Blog Il Dorsale

LA PROVA DECISIVA

L’insieme dei fattori storici, sociali, politici che stiamo vivendo nel nostro Paese, per taluni aspetti accomuna altre nazioni, ma nell’ambito della singola struttura dei fattori comuni ci sono aspetti molto diversi che rendono, in Italia, la crisi più o meno pericolosa e per taluni particolari versi anche letale. Nel senso economico del termine. Possono morire imprese, categorie di lavoratori, investimenti e progetti futuri, la spensieratezza di un vivere normale, la gioia dei giovani nel poter trovare un lavoro dopo aver studiato per tanti anni. L’unico elemento che può sopravvivere sono i politici di tutte le genìe. I paracaduti previdenziali che hanno sono ad uso esclusivo della loro classe sociale: non conta la preparazione, il livello culturale o l’onestà. Un politico corrotto o corruttore, con avviso di reato o con processi in corso continua a percepire tutti i benefits che solo i politici italiani hanno a disposizione.

Questo è lo scenario dal quale partiamo. Voglio citarvi dei dati demografici, perché saranno questi a darci le proiezioni future di come sarà il nostro Paese. Nel 2019, senza il Covid sono stati drammatici. Nello stesso anno la UE ha registrato 112 morti ogni 100 nati. Nel 2021 la popolazione anche a causa del Covid, calerà sotto i 59 milioni di abitanti e secondo alcune catastrofiche previsioni potrà arretrare sotto i 50, mentre per fine secolo si prevedono 30 milioni di abitanti. Non fanno cenno agli immigrati. In Europa la media dei figli è 1.56 per donna. In Italia è 1.27 (comprese in questo caso le immigrate, altrimenti sarebbe di 1.17). Ci condiziona anche il profilo della popolazione che è in rapido invecchiamento (oggi in Italia ci sono 122 abitanti tra i 70 ei gli 80 anni e 100 abitanti tra 0 e 9 anni. Oggi nel mondo siamo 7.8 miliardi di persone per attestarci a fine secolo a 10.9 miliardi (fonte Corriere Lettura). Chi ci governerà dovrà assolutamente migliorare. Quindi prepariamoci a votare persone preparate. Il lavoro per combattere il Covid (la pandemia finirà quando sarà vaccinato tutto il mondo, come dice Bill Gates) va centralizzato non lasciando poteri alle regioni, altrimenti ognuna fa quello che vuole. I vaccini vanno seguiti molto attentamente, investendo anche su aziende italiane (FIDIA, Zambon,Menarini) con fondi statali a disposizione per la ricerca o jont venture con altre aziende estere. Sempre chi governerà ha queste cose da fare. Deve abbattere il debito pubblico del 25%; la pressione fiscale e la tassazione. Di una % a due numeri. Devono mettere in prigione gli evasori conclamati. Se non c’è posto costruire nuove carceri. Scovare gli addentellati della malavita organizzata nei gangli sociali apparentemente normali, usando anche metodi di repressione innovativa. Abbattere almeno del 50% la corruzione, la disoccupazione e il nero. Ridurre del 50% il tempo di durata dei processi giudiziari. Controllare l’abusivismo edilizio, il degrado delle reti stradali, l’immigrazione clandestina, il commercio di sostanze stupefacenti, il numero dei dipendenti statali per assenteismo e i falsi invalidi, così come i truffatori che percepiscono il reddito di cittadinanza. Deve digitalizzare le scuole e riformare le Università nell’ambito della ricerca e dei concorsi. Deve mettere in atto una politica ambientale rigorosa senza indugi, promuovendo l’uso di carburanti non inquinanti. Non parliamo di come deve gestire l’importo promesso dalla UE chiamato Next Generation. Pochi sanno che solo 80 miliardi sono sussidi a fondo perduto, gli altri sono prestiti da restituire. L’Italia deve dare circa 35/37 miliardi come contributo, in cinque anni, medesimo tempo di arrivo del sostegno economico europeo.

A fare tutto questo che politici abbiamo? Proviamo a fare un’analisi anche bonaria. Fratelli d’Italia, ha una valida leader, purtroppo antieuropeista e senza classe dirigente ed esperienza di lavoro. Lega: partito senza classe dirigente,condotto da un antieuropeista, narcisista e inaffidabile politicamente parlando, vista la pessima esperienza di governo, nella quale non ha saputo risolvere i problemi per continuare a governare. Unici seri e preparati politici leghisti sono: Luca Zaia e Giorgetti. C’è anche il ridicolo: Fontana. PD: un partito in eterno cambiamento, senza leadership e senza progetti futuri. M5: partito con vari leader, tutti da operetta, senza futuro strutturato, destinato a liquefarsi ( salvo una decina di nomi). Come un altro partito storico: Forza Italia. A quest’ultima riconosciamo la moderatezza del leader, giunto oramai alla frutta come capacità di condurre politicamente un partito che doveva essere l’erede dei liberali. Senza Berlusconi rinsavito non c’è futuro. E mi dispiace. Qualche forzista troverà spazio in altri gruppi politici. La causa? Berlusconi non ha saputo costruire una classe dirigente che potesse portare avanti il suo progetto liberale e moderato. Conte: ha lavorato bene con l’Europa. È un neopolitico educato e intelligente ma gli manca la capacità di comandare e di decidere come gestire il Recovery Fund. Si attornia di personaggi eticamente discutibili, non sufficientemente preparati, compresi alcuni ministri paurosamente incompetenti. Gli atri frammenti politici non li considero sia per la legge elettorale in vigore, sia per la pochezza politico culturale ed esperenziale dei leader. Salvo Speranza che ha dato il massimo di quello che poteva in emergenza Covid. Credo che, tra i micro partiti, ci sia un leader un po’ “matto” politicamente parlando, non adatto a stare in Parlamento. Indovinate chi è. Aspetto le elezioni del Presidente della Repubblica puntando su tre persone: Draghi, Casellati, Monti. Andare alle elezioni politiche entro giugno, a mio parere c’è il pericolo che alla pandemia e ai problemi economici delle imprese e alla disoccupazione si aggiunga una campagna elettorale letteralmente impazzita. Non escludo Trumpate, stile Capitol Hill.

Non perdetevi questo libro. “DANTE” di Alessandro Barbero.

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