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L’ora del cambiamento

Quando leggerete questo articolo, saremo nel cuore della campagna elettorale. Un evento politico che sta diventando sempre di più un’occasione mediatica per tutta la massa di aspiranti e di scalda banchi parlamentari di professione.
In una situazione drammatica, come si trova l’Italia in questo momento storico, dove il debito pubblico va ben oltre il 130% del PIL, dove la disoccupazione giovanile tocca la soglia di tre milioni di persone, dove ogni anno più di 100.000 laureati o diplomati italiani vanno all’estero in cerca di lavoro, dove abbiamo quasi un milione di immigrati clandestini,dove non esiste un piano politico di inserimento e di formazione per gli immigrati legali (esclusi quelli occupati) abbiamo ancora la pretesa di affermare che il nostro Paese è in ripresa.I dati ISTAT non bastano. Conta la qualità della vita delle famiglie, l’ambiente sociale, la sicurezza della gente. Viviamo una democrazia imperfetta e sotto una dittatura economica- industriale-bancaria, che solo in Italia può imporre al popolo decisioni anti sociali. Ve ne racconto qualcuna:gli aumenti indiscriminati del gas, della luce, dell’acqua e delle autostrade. Oltre il 5% per citare il dato più basso, salvo alcune tratte autostradali che hanno applicato aumenti a due cifre. L’aumento del 5% da parte del cartello dei provider telefonici, che per portare il pagamento delle bollette da 28 a 30 giorni, ci hanno applicato questo” piccolo ritocco”(con il permesso dei politici?) che molti di noi non l’avranno probabilmente neppure rilevato. Per questi casi, noi cittadini per la maggior parte orientati a subire e a non reagire, siamo stati zitti e buoni (come le associazioni di consumatori e i sindacati)mentre è stato fatto un can-can per i pochi centesimi di euro per i sacchetti ecologici che dobbiamo pagare quando facciamo la spesa. Ma lo sapete che l’etichetta di carta con il prezzo, che viene applicata al sacchetto, impedisce allo stesso di essere biodegradabili ? Ma di che cosa stiamo parlando? Vi rendete conto della presa continua per i fondelli che tutti noi dobbiamo subire quotidianamente? Questi sono fatti che toccano le tasche di tutti i cittadini.

 

Ci sono altri fenomeni sociali che preoccupano l’intera popolazione e deturpano la reputazione del nostro Paese. Mi riferisco alla corruzione che tocca i 100 miliardi di lire, cito il lavoro nero che sfiora pure i 100 miliardi di lire, riporto la cifra oltre150 miliardi che tra tangenti sulle opere pubbliche e scandali bancari ha divorato i fondi pubblici. E nessuno va in galera, salvo qualche pesce piccolo, mentre alcuni politici, banchieri e industriali, che sicuramente sono stati complici silenziosi e registi occulti di queste angherie sociali criminali,si godono la vita, alla faccia dei 5 milioni di cittadini che vivono in assoluta povertà o non ce la fanno ad arrivare a fine mese con quello che prendono. Parliamo anche delle baby gang che stanno nascendo sempre più frequentemente nelle nostre città e del fenomeno della droga che sta crescendo e mietendo vittime tra le giovani generazioni e non solo. Non possiamo dimenticarci della lentezza della Giustizia, per chiamarla con il suo nome; mentre spesso si dovrebbe chiamare Ingiustizia , visto che lascia impuniti rei e reati che sono sotto gli occhi di tutti.( Vedi scandali Bancari).

 

Come ultimo passaggio prima di parlare dei programmi dei vari partiti, vorrei segnalare l’irresponsabilità sempre dei politici, nei confronti dell’inquinamento nelle città: PM 10 per mesi oltre le soglie minime, i mancati controlli della rete ferroviaria( quando si decideranno di installare le cinture di sicurezza anche nei treni?) e i continui rinvii per la messa in sicurezza geoidrologica dei territori a rischio. Di che altro si dovrebbero occupare se non di questi problemi, oltre al dovere di candidare politici preparati alle prossime elezioni? Invece chi sta arrivando è incompetente e incapace come abbiamo potuto vedere in centinaia di casi. In questa legislatura abbiamo dei Ministri senza titolo di studio e con esperienze ridicole, che occupano posizioni di rilievo e simbolicamente rilevanti. Nessuno di questi ha mai pensato di reintrodurre nelle scuole medie inferiori l’insegnamento dell’educazione civica e lo studio della costituzione.Non vi sembra il caso di fare una petizione popolare per la reintroduzione di questa materia, in un momento sociale dove i valori basilari delle relazioni umane, il rispetto delle regole, la tutela della figura femminile e dei diritti ad essa collegati,dovrebbero essere i capisaldi delle promesse elettorali dei vari partiti. E la riforma costituzionale del vincolo del mandato, che ha permesso il cambio di casacca a più di 500 parlamentari in questa legislatura? Di questi argomenti nessuno ne parla in campagna elettorale.

 

Non provo nemmeno, sia per ragioni di spazio che di nausea, a commentare i programmi dei vari partiti. Ricordo solo l’ammontare economico delle balle stratosferiche che ci stanno raccontando, promettendo di togliere tasse o ridurre costi o di aumentare i benefici per i cittadini creduloni, in una situazione di bilancio, che farebbe definitivamente allontanare dalla democrazia il nostro Paese e lo farebbe tragicamente affondare con due rischi: o di essere abbandonati dall’Europa o di cadere in mano a una dittatura democratica, attraverso il commissariamento da parte della UE. Per la cronaca ricordatevi che l’importo totale delle promesse da marinaio dei vari gruppi politici ammonta a più di 200 miliardi di lire. Ma questo lo sanno gli italiani?

Leggetevi un buon libro: “Morale d’impresa.impresa morale” di Filiberto Tartaglia. Edizioni Libreria universitaria.it

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PUNTO DI… RITORNO

Il 2017 è stato un anno molto positivo per i mercati diversi da quello statunitense e mi aspetto che ciò continui. Prima dell’inizio del 2017 l’azionario globale ha attraversato un periodo difficile, rimanendo sempre indietro rispetto ai titoli statunitensi. Ci saranno sempre periodi in cui i titoli globali faticano, ma sono presenti anche momenti in cui superano i mercati statunitensi, e credo che ci stiamo dirigendo in questa direzione al momento.
Ci sono diverse ragioni che ci portano a pensare che il rally continuerà anche nel 2018. Molte società stanno iniziando a porre maggiore enfasi su profittabilità e rendimenti per gli azionisti. Si evidenzia un rafforzamento diffuso in diversi mercati internazionali, oltre che in tutti i settori. L’economia europea si è stabilizzata, e il Giappone sembra orientato nella giusta direzione. Diversi mercati emergenti non erano così forti da molto tempo. Anche la debolezza del dollaro ha aiutato. Inoltre, dato che Europa e Giappone hanno avuto bisogno di più tempo per riprendersi dalla crisi finanziaria globale, è ragionevole pensare che abbiano anche più spazio per crescere. Per tutte queste ragioni rimaniamo positivi rispetto alle prospettive future.

 

Sono meno ottimista rispetto all’azionario Usa, ma non particolarmente negativo. Le valutazioni dei titoli statunitensi sono salite molto nel corso degli ultimi due anni, ma abbiamo anche assistito a una straordinaria ripresa degli utili e a innovazioni significative in diverse società. Quindi, abbiamo una posizione più ottimistica per gli altri mercati considerata la grande forza di quelli statunitensi.

 

Le banche centrali hanno sicuramente aiutato la crescita dei mercati azionari globali, ma credo che diversi mercati finanziari e società siano in grado di fare bene anche in assenza di questi stimoli, senza dubbio.
Per quanto riguarda il rischio politico in Europa, e in particolare la diffusione di populismo e nazionalismo, ritengo che in realtà l’integrazione europea sia stata di fatto raggiunta. È presente una moneta comune, introdotta nonostante considerevoli difficoltà. Negli ultimi anni sarebbe stato facile per l’Italia fare un passo indietro e tornare alla Lira, ma gli italiani hanno deciso che questo sarebbe andato contro ai loro interessi. Lo stesso è accaduto in Spagna e in Portogallo. Alcuni Paesi sono stati ricompensati più di altri.
Passando ai mercati emergenti, tra i titoli di maggior successo nel 2017 troviamo le società cinesi basate sulla rete, grazie anche all’intervento del governo. La scelta di impedire alle società statunitensi di operare nel Paese ha spinto la Cina a sviluppare autonomamente le proprie internet companies. Non si tratta di semplici cloni delle rispettive controparti statunitensi, in quanto sono piuttosto innovative e orientate al progresso.

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Ambiente, e-commerce e coerenza

Si è tenuto a Parigi il 16 e 17 novembre 2017 il Clean Air Forum, primo summit organizzato dalla Commissione europea dedicato alla qualità dell’aria. Due giornate di incontri tra i massimi esperti di clima ed inquinamento con l’obiettivo di migliorare la salubrità dell’aria in Europa.

Secondo le stime UE, gli europei che vivono nelle città, tre su quattro, percepiscono con preoccupazione crescente il dilemma inquinamento; ed è proprio nelle città che il cosiddetto “smog” provoca più danni.

Le cause dell’inquinamento sono varie: i mezzi obsoleti per il trasporto persone e merci, i sistemi di riscaldamento datati, le sostanze tossiche provenienti dalle molteplici lavorazioni industriali e – non ultima- la new economy.

Negli acquisti on line quando viene recapitato un bene che non soddisfa le aspettative dell’acquirente: il prodotto non è quello ordinato, non è della misura giusta, si è danneggiato nel trasporto, il colore non è gradito, ecc. viene rispedito al mittente. L’eCommerce ha fatto crescere enormemente i resi.

 

L’European Ecommerce ha stimato che nel 2017 in Europa le vendite online complessive hanno raggiunto la cifra record di 602 miliardi di euro contro i 530 del 2016. Il valore totale dei resi si aggirerà intorno ai 150 miliardi di euro. Il numero delle restituzioni aumenta ogni anno in proporzione diretta allo shopping effettuato online, con una conseguente partecipazione attiva all’aumento dell’inquinamento atmosferico.

Secondo un’indagine di Ups solo negli Stati Uniti la prima settimana di gennaio del 2017 sono stati restituiti 5,8 milioni di pacchi, ottocentomila in più rispetto al 2016.

Nel retail tradizionale i resi rappresentano l’8% sul venduto mentre per l’ecommerce si tratta di percentuali che variano dal 15 al 30% a seconda della categoria merceologica, con picchi del 40% per il settore abbigliamento.

Un’indagine di Washington and Lee University e University of Virginia (Journal of Marketing) ha accertato che in un biennio i consumatori riducono la spesa del 75–100% sui siti eCommerce che introducono la restituzione a pagamento e la aumentano dal 158 al 457% su quelli che prevedono invece la restituzione gratuita.

Dal punto di vista comportamentale il reso gratuito ha alimentato il cinismo di chi compra generando la figura del “serial returner”. Una indagine della Barclayscard evidenzia che il 30% degli “E-shopper” compra deliberatamente più prodotti di quelli che intende tenere (percentuale che per Narvar è addirittura del 40%) e il 19% ordina più varianti dello stesso prodotto (misure diverse, colori diversi) per poi scegliere a casa quella preferita, restituendo le altre.

L’e-commerce è una grande opportunità; fermo restando il problema dei resi, dell’inquinamento atmosferico e acustico, del consumo di fonti energetiche non rinnovabili, della congestione e dell’incidentalità.

La logistica sostenibile propone servizi richiesti dal mercato in un’ottica ecologica, suggerisce soluzioni di trasporto, consegna e gestione dell’ultimo miglio in sintonia con il rispetto per l’ambiente, con l’obiettivo di realizzare una supply chain che realizzi un equilibrio tra le compatibilità ambientali ed i problemi di mobilità.

I comportamenti, gli stili di vita hanno ricadute significative sui consumi energetici e sullo spreco di risorse ambientali.

Le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dalle strutture innovative possono essere sfruttate appieno solo se tutti partecipano con coerenza.

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Blog Non solo TIR

A Tempi Stretti

Per il tema di questo mese prendo spunto da quanto accaduto in Italia in questi giorni di metà novembre. I titoli di prima pagina di tutti i media raccontano di un’apocalisse, di un disastro che ha colpito il nostro Paese, di una sciagura senza precedenti a cui non eravamo preparati. Nessun terremoto, per fortuna, né attacchi Isis, né tantomeno guerre o invasioni. Il problema è che la nostra Nazionale è stata eliminata dalla Svezia e non prenderà parte ai prossimi campionati mondiali di calcio che si svolgeranno l’anno prossimo in Russia. Tutto potevamo accettare, qualsiasi perdita di PIL o aumento di tassazione, ma non questo. Questo proprio no!

 

Al di là di quanto sia importante e vitale per noi il calcio (addirittura qualcuno ha immaginato un problema sociale a seguito di questa eliminazione), è chiaro che questo progetto di Ventura fin dall’inizio non sembrava essere partito sotto i migliori auspici. Pensare che solo dieci anni fa, eravamo noi ad alzare quella meravigliosa coppa sotto il cielo di Berlino: quella era una squadra di campioni, maturi nel fisico e nella testa. Poi, come accade spesso in questi ambiti, si chiude un ciclo e bisogna ricominciarne uno nuovo, ripartendo e ricostruendo le fondamenta. È normale quindi che, andati in pensione i campioni di Berlino, si debba ripartire dai giovani e avviare quel percorso di ricostruzione che, normalmente, richiede del tempo per poter raggiungere nuovamente i risultati eccellenti del ciclo precedente.

Arriviamo quindi al “tempo”, questo strano fattore che è diventato una perla rara o un animale in via di estinzione: nessuno ha tempo, nessuno ha voglia di aspettare, ma tutto deve essere realizzato “qui e ora”.

 

Parlando di tempo, quindi, lascio l’ambito calcistico e mi ricollego a quello lavorativo, del business che viviamo ogni giorno, dove i risultati di lungo periodo non interessano più a nessuno, avendo in questo caso appreso una delle peggiori abitudini americane, ovvero quella di ricercare solo il profitto di breve periodo.

 

Fa un po’ sorridere la frase che si sente sovente negli uffici quando il capo chiede di fare un lavoro ad un collaboratore che gli domanda: “per quando serve?”, e la risposta puntualmente è: “per ieri”.

 

Un simile approccio riguarda i tempi di inserimento e training nel momento in cui si prende una nuova job position in azienda, quello che si definisce “periodo di affiancamento”. Intanto la parola stessa presuppone che ci sia qualcuno al tuo fianco quando assumi una nuova posizione in azienda, idealmente la persona che hai sostituito e che svolgeva il ruolo in precedenza. Oggi l’affiancamento, quando c’è – perché spesso la persona che ha lasciato il posto non è più in azienda, oppure ha un nuovo ruolo a sua volta senza trainer – si misura in ore. Qualche anno fa, invece, tutto era molto diverso.

Ricordo che, quando ho iniziato il lavoro di Zone Manager, esattamente 14 anni fa, il periodo di training è durato un mese, e già era dimezzato rispetto ai miei colleghi che poco prima erano stati formati per un periodo di due mesi. Segno dei tempi che cambiano, e che si accorciano, è il fatto che oggi uno Zone Manager deve essere già operativo dopo una settimana al massimo. È vero che le informazioni circolano molto più rapidamente: internet, il digitale e gli smartphone hanno accelerato il ritmo di tutte le cose e compresso tutti i tempi, ma è altrettanto evidente che alcuni processi, in particolare quelli che interessano tutta l’area comportamentale, richiedono un tempo non comprimibile per essere assimilati, compresi e, quindi, applicati in maniera perfetta.

La fame di risultati immediati è stata maggiormente ampliata da un management ormai basato solo su indicatori di performance, i famosi KPI’s che mettono a confronto numeri, che misurano ma che nulla hanno a che fare con il tempo necessario a cambiare le cose o ad arrivare a determinati risultati. Soprattutto quando un ciclo è terminato ed è necessario ricostruirne uno nuovo. Ad ogni modo, per il calcio abbiamo ora altri quatro anni. Il tempo stavolta c’è, bisogna utilizzarlo bene.

 

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INTERMODALE = SOSTENIBILE

La modalità di trasporto marittima è vitale per l’economia. La recente pubblicazione del “Review of Maritime Transport” dell’UNCTAD, evidenzia come nel 2015 sia stato stabilito il nuovo record del volume complessivo di merci trasportate via mare pari a oltre 10 mld di tonnellate. Complessivamente il trasporto marittimo ha movimentato quasi il 90 % del commercio mondiale e ciò rende le imprese ed i consumatori dipendenti dai beni importati dal resto del mondo.

 

La navigazione, è bene rammentare, è considerata la modalità di trasporto più economica per la movimentazione delle merci a livello mondiale con un conseguente impatto ambientale sempre in crescita. L’associazione ambientalista Nabu sottolinea che le navi in servizio sulle rotte marine utilizzano olio combustibile pesante, ricco di zolfo e metalli pesanti. Per il tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo vige attualmente un limite massimo del 3,5 per cento, 3.500 volte superiore a quello consentito per i combustibili diesel usati dagli autocarri.

L’agenzia europea dell’ambiente (EEA) stima che l’industria dei trasporti navali generi ogni anno circa un miliardo di tonnellate di CO2, destinate a diventare, secondo le previsioni, 1,6 miliardi di tonnellate nel 2050. I dati più recenti dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) mostrano che, se non si adottano provvedimenti, le emissioni di gas serra prodotte dal trasporto marittimo aumenteranno del 250 % entro il 2050 e arriveranno a rappresentare il 17 % delle emissioni globali.

 

E se volgiamo lo sguardo al cielo? Nel mondo volano 26 mila aerei al giorno. Un fenomeno destinato a crescere con il boom dei voli low-cost. Se nel 2016 hanno volato 3,5 miliardi di persone, nel 2035 il numero di passeggeri arriverà a 7 miliardi. I gas serra prodotti dai motori contribuiscono a determinare il cambiamento del clima e il surriscaldamento del pianeta. Il traffico aereo produce il 2% dell’inquinamento mondiale ed il 13% dei quello europeo. Osservando i dati diffusi dall’Enac si nota come i passeggeri trasportati dai vettori low-cost negli aeroporti italiani siano ormai equivalenti a quelli trasportati dai vettori tradizionali; tendenza presente non solo in Europa ma in tutto il mondo. Negli anni pre-deregulation, le grandi compagnie europee gestivano collegamenti sostenuti da una effettiva domanda. Nella prospettiva low-cost ogni scalo rappresenta di per sé un mercato, con il presupposto che la domanda si concretizzerà in virtù di tariffe molto economiche.

L’Agenzia europea dell’ambiente ha osservato la quantità di CO2 emessa dai vari mezzi di locomozione in rapporto alle persone trasportate e ai chilometri percorsi. Dall’analisi emerge che il mezzo più inquinate per spastare merce o persona da A a B è l’aereo.

La Commissione europea ha stimato che entro il 2050 il trasporto passeggeri crescerà di oltre il 50% e il trasporto merci dell’80% rispetto ai livelli del 2013.

È sempre più stringente la necessità di trasportare persone e merci da un posto all’altro in maniera semplice, sicura ed efficiente; nei documenti ufficiali viene costantemente ribadito che è “necessario creare un sistema di «mobilità» pulito, intelligente e completo, che soddisfi le esigenze di mobilità offrendo un servizio pensato per le necessità degli utenti”.

 

Come si possono gestire le esigenze di un pianeta sempre più “villaggio globale” (nell’eccezione di Marshall McLuhan)? Nel mondo globalizzato di oggi, i consumatori possono acquistare prodotti provenienti da ogni parte del mondo. Il nostro stile di vita è cambiato. Ci aspettiamo di trovare sugli scaffali dei supermercati generi alimentari e generi vari a basso costo e di andare in vacanza a prezzi convenienti tutto l’anno.

L’UE ha stabilito diversi obiettivi per la riduzione degli effetti ambientali del settore dei trasporti europeo, incluse le sue emissioni di gas serra. Gli obiettivi relativi al settore dei trasporti concorrono al fine di ridurre le emissioni di gas serra dell’80-95% entro il 2050. L’automobile ed il veicolo commerciale-industriale sono costantemente additati come untori di manzoniana memoria, ma i traguardi indicati non sono raggiungibili senza il pieno coinvolgimento del trasporto aereo e marittimo: modalità spesso trascurate dal dibattito.

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Sempre più difficile

Provando a riflettere sulle diverse situazioni del nostro Paese, non possiamo fare a meno di iniziare con il tema dell’etica sociale. Come si esprimeva Camus “un uomo senza etica è una bestia selvaggia che vaga libera in questo mondo”.
L’Italia penso sia il Paese con la massima concentrazione di bestie selvagge. Pensate agli 80 miliardi di euro di corruzione ed ai 110 miliardi di nero. I principi dell’etica e della morale sono i pilastri sui quali poter riformare uno Stato che ha permesso ai banchieri di turlupinare centinaia di migliaia di risparmiatori per un ammontare di circa 70 miliardi. Vi rendete conto? Parliamo delle Popolari Venete, del MPS e delle quattro famose: Etruria, Ferrara e Co. In più stanno arrivando al pettine i nodi delle varie banche locali, raggruppate sotto l’ombrello del Credito Cooperativo. La vergogna è che la maggior parte dei responsabili non solo è a piede libero ma sono perfino riusciti a trasferire tranquillamente le proprietà dei loro beni ai parenti o a terzi compiacenti. Per il momento nessun giudice ha chiesto la revocatoria o l’azione di responsabilità per gli amministratori. Per finire il quadro generale, parliamo un secondo della commissione di inchiesta parlamentare, presieduta dal “frenatore” democristiano Ferdinando Casini il quale voleva secretare i nomi dei più grandi debitori. Nessuno ha capito perché, ma tutti sanno, che un certo Caltagirone suocero e padre di Azzurra, sua compagna, è nella lista dei grandi debitori di una delle banche protagoniste di questo scandalo nazionale.

Prendiamo ora in considerazione due casi di malagiustizia straniera che vedono coinvolti due personaggi italiani. Cesare Battisti pluriomicida riconosciuto dalla legge, difeso da indescrivibili giudici brasiliani, in barba agli accordi in vigore relativamente all’estradizione. Un caso davvero paradossale è quello del giovane italiano, Fabio Vettorel, il quale si è già fatto 4 mesi di carcere e mentre stava per riassaporare la libertà, sulla soglia del tribunale è stato costretto a ritornare in carcere per un’improvvisa istanza di un altro giudice, che disattendeva la sentenza. Come sia possibile che il nostro ministro degli esteri non si occupi del caso, facendo sentire l’opinione dell’Italia o chiedendo l’immediata estradizione? Credo di sapere il perché: Il nostro ministro degli esteri pensa solo a fare politica personale, per far sopravvivere quell’ombra di partito che lo ha espresso politicamente. Infatti, in questo momento, la politica estera dell’Italia non esiste. Se non ci fosse stato il ministro attuale dell’interno, per Angelino Alfano il fatto dell’immigrazione incontrollata, che ha cambiato le città del nostro Paese, non sarebbe mai esistito. Anche quando Alfano era ministro dell’interno, non aveva preso alcun provvedimento di contenimento dei flussi, nessuna iniziativa di respingimento degli illegali o dei non meritevoli dell’asilo politico. Credo sia sotto gli occhi di tutti, il problema che caratterizzerà la nostra società da oggi in avanti. Migliaia di persone che vagano per le città, senza lavoro ma con tanto di telefonini in mano. Senza pregiudizi, credo che ci sarà un problema grave che diventerà criminalmente molto più strutturato. Una criminalità legata soprattutto allo spaccio di droga (soprattutto nelle zone delle scuole), alla violenza sulle donne, ai furti predatori nelle case delle persone ed alle pretese di avere trattamenti di sostegno da parte dello Stato, senza lavorare. Mentre le persone straniere integrate e che rispettano le regole sono a tutti gli effetti cittadini meritevoli di condividere la realtà sociale che è riservata agli italiani. Per il tema “ius soli” lascio ad ognuno di noi interpretare come meglio crede questa proposta di una parte dei partiti.

Come conclusione, vi chiedo cosa ne pensate dei servizi televisivi che ripetono per più volte le scene di violenza (specialista è la rete televisiva La 7 di Mentana), la quale ci ha propinato per più di una settimana la famosa testata del violento di Ostia, nei confronti di un giornalista televisivo. Per rilassarvi vi consiglio la lettura di un libro di Serena Dandini: Avremo sempre Parigi, Rizzoli.

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RIPRESA SÌ, POLITICA NO

Dopo 10 anni di sofferenza economica, con migliaia di posti di lavoro andati persi e milioni di immigrati arrivati in Italia, ci ritroviamo sommersi da problemi di tutti i tipi, sempre legati alla politica. Quattro milioni di famiglie che vivono in povertà, tre milioni di giovani disoccupati e milioni di immigrati mantenuti dallo Stato che gironzolano per le città senza fare nulla, quando non compiono azioni illegali o criminali. L’impreparazione degli attuali governanti a gestire il problema degli sbarchi quotidiani lo dobbiamo all’incompetenza di chi ha firmato la Convenzione di Dublino nel 1990 ed entrata in vigore nel ‘97. Allora furono i ministri dell’esecutivo di Berlusconi, Cancelleri e Alfano, a firmarla. Ma il danno più grave è stato quando Renzi, firmando la convenzione Triton in buona fede, ha autorizzato a destinare i porti italiani per gli sbarchi di migranti soccorsi da navi europee, anche militari, senza rendersi conto di quale atteggiamento avrebbero assunto gli altri Stati Europei. Infatti, la maggioranza degli stessi ha chiuso sia le frontiere che i porti all’accoglienza di altri esseri umani. Dal 2015 a oggi Triton ha distrutto 420 battelli dei trafficanti, salvato e sbarcato in Italia 30.000 circa migranti e arrestati 109 trafficanti. Questo sarà il pressante problema sul quale il Governo perderà la maggioranza se non ci saranno prese di posizione dell’Italia a livello europeo.

Lasciare in difficoltà l’Italia fa comodo alla Francia (che è stata la principale causa del caos successo in Libia dopo l’assassinio di Ghedaffi, con l’intento di mettere le mani sui pozzi petroliferi libici) con la complicità dell’Inghilterra ed il silenzio di Obama. Provo ad accennare ad alcune situazioni molti gravi, delle quali sembra che il Governo sia indifferente: il caso Alitalia, il caso Ilva, il caso Banche Popolari venete. Miliardi andati in fumo, posti di lavoro sicuramente che saranno eliminati e risparmiatori che devono subire la mala gestio di banchieri e manager che scorazzano liberi per le vie d’Italia a fare shoppping.
Per non parlare dei sindacalisti italiani che, come ha riportato il Corriere della Sera del 16 luglio, sembra che molti di loro, in procinto di andare in pensione, applicano trucchi per triplicare l’importo che riceveranno come pensione. Trucchi che solo loro sanno fare o hanno imparato dall’ex Bonanni, che con la sua pensione numero 36026124, incassa 8.593 euro lordi al mese), cifra ben superiore percepita dalle tute blu che hanno difeso per decenni.
Così dicasi per le pensioni privilegiate per le quali non c’è verso che siano ridotte o ricalcolate. Ci mancava solo la battuta del presidente dell’INPS Boeri che ha detto che se “non arrivano migranti” le pensioni degli italiani non potranno essere pagate. Ma che siano proprio quelle persone che così generosamente sbarcano dalle navi degli altri Stati UE, a salvare le pensioni?
O il caldo ci rende tutti più strafatti e impazziti oppure un bel silenzio non fu mai scritto, anche se Boeri non è la prima volta che vince il “Peperoncino d’oro” per le sciocchezze che spesso gli son dal “cuor sfuggite….”.

Due parole sull’affaire Banca Intesa e Popolari Venete. Non vi sembra strano che le parti attive (conti correnti attivi, immobili, arredi, personale) di due banche in default, alle quali sono state fatte migliaia di cause per il recupero dei risparmi bruciati, possano essere state vendute per un euro a Banca Intesa? Inoltre, lo Stato ha dato 5 miliardi come prestito e si assumerà tramite gli ammortizzatori sociali, i costi degli esuberi non solo delle Popolari ma anche di Intesa. Non vi sembra anticostituzionale il fatto che il decreto annulli tutte le cause fatte contro le vecchie Popolari lasciando migliaia di risparmiatori (80.000 circa) con l’onere di immettersi, con nuovi costi legali, nel fallimento della BAD Bank (così sono ora chiamate le banche fallite) che hanno distrutto quasi 20 miliardi di euro in denaro, tra svalutazione del valore delle azioni, aumenti di capitale maciullati e milioni di affidamenti dati senza le dovute garanzie e ora diventati crediti deteriorati (incagli o sofferenze) se non inesigibili? Al gruppo Zonin, la Popolare di Vicenza, negli ultimi tre anni di gestione dell’ex contadino, ha concesso disponibilità di denaro per 50 milioni all’anno. Abbiamo chiesto se erano garantiti questi prestiti ma nessuno ci ha saputo o voluto rispondere.

Se volete saperne di più, potete acquistate in libreria o direttamente dall’editore www.cleup.it, il libro “Il Massacro delle Popolari venete” di Gian Paolo Pinton. Euro 15.

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Blog Me ne frego

TE LO DO IO IL GAS!

Ormai è un concetto che si sta diffondendo sempre di più. I carburanti alternativi intesi come gas metano, biocarburanti e via dicendo sono il presente o il prossimo futuro della propulsione commerciale. Il vero futuro dei motori di truck, van ma anche auto è sicuramente l’elettrico.

Nonostante molte Case stiano, giustamente, spingendo su LNG e altre motorizzazioni ecosostenibili, pare che queste soluzioni siano, in realtà, “di passaggio”. Un passaggio obbligato, questo non c’è dubbio, ma pur sempre di passaggio. La difficoltà di una rete distributiva adeguata, in primis, sta portando, dunque, a studi sempre più approfonditi e impegnati verso una propulsione elettrica o, quantomeno, ibrida.
In una intervista di Marco Lazzoni (AD di MAN Italia), pubblicata sul numero du luglio di Trasportare Oggi, il manager della Casa del Leone è uscito – forse per primo in via così ufficiale – allo scoperto, dichiarando che MAN sta già testando in Austria un veicolo che rispecchi le esigenze di un trasporto 5/6 o 7.0.
Ancora più avanti, SCANIA, che primo Costruttore in assoluto, ha messo in commercio il primo truck ibrido. Una soluzione al momento perfetta, dal nostro punto di vista, in quanto mette a disposizione un motore diesel per le esigenze più impegnative e quando le batterie sono scariche, e un altro motore (che si ricarica anche cineticamente), in grado di spingere il veicolo con emissioni zero.

Lo abbiamo scritto sull’editoriale di agosto/settembre, comunque, ma lo ribadiamo qui: FATE LA SCELTA GIUSTA! Investite nelle nuove tecnologie, nelle nuove motorizzazioni e nelle soluzioni che le Case si impegnano a studiare e mettere sul mercato. Una azienda moderna si vede dalle scelte che fa.

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Un mondo di APP

Ormai la parola app penso sia tra le più utilizzate nel nostro linguaggio quotidiano. Non c’è discussione in cui non ci scappi la parolina magica. Persino le signore attempate nei loro ritrovi pomeridiani, magnificano il lavoro dei nipoti, che arricchiscono quotidianamente il menù del loro smartphone con applicazioni di tutti i generi, il più delle volte senza capirne l’utilità. Se ho preso ad esempio le signore che passano i pomeriggi a giocare burraco, significa che il fenomeno delle app è ormai penetrato nel nostro tessuto, è parte di noi e della nostra vita.

 

Di come stia cambiando il mondo, ne ho avuto una conferma recentemente partecipando a un evento riservato ai concessionari italiani di auto e truck (Automotive Dealer Day di Verona, n.d.r.). Lo stesso evento qualche anno fa avrebbe visto la partecipazione, in qualità di sponsor ed espositori, di aziende specializzate nella fornitura di materiali e servizi per il lavoro quotidiano del dealer. Oggi a farla da padrone sono le software house, ovvero quelle aziende che sviluppano programmi (app appunto) per la gestione del business del dealer. I servizi offerti dalle app sono i più disparati e realmente coprono tutti gli aspetti operativi del dealer. La domanda a questo punto sorge spontanea, parafrasando lo slogan della Nutella, “che mondo sarebbe senza le app” o ancora, ma come abbiamo vissuto finora? Eravamo così imbruttiti e trogloditi?

 

No, però prendiamo ad esempio il mondo dell’usato; da sempre non così sexy come la vendita del nuovo. Una volta i veicoli usati erano ammassati in un’area, possibilmente il più lontano possibile dallo showroom. Lentamente il business dell’usato ha acquisito una propria dignità con una sua personalizzazione, personale ad hoc con strumenti specifici di comunicazione. A differenza del veicolo nuovo, facilmente visibile sui mezzi di comunicazione, ogni mezzo usato è un mondo a se, per lo stato d’uso e per la propria storia. Ora si trattava di presentare al meglio il singolo veicolo, ad un pubblico molto più vasto di quello che normalmente gravita fisicamente attorno al piazzale. Sono così nate le riviste dell’usato con i classici fotoannunci, che avevano il merito almeno di attirare l’attenzione sulle offerte, dando la possibilità di vedere il veicolo. Ci sarebbe da aprire una parentesi sulla qualità delle fotografie, ma sorvoliamo. Sono successivamente arrivati i primi portali dell’usato su internet, con il vantaggio evidente di aumentare il numero di veicoli proposti, aumentando anche le immagini e le informazioni a corredo. Oggi andiamo oltre, comodamente da casa è possibile fare dei tour virtuali all’interno dell’abitacolo per verificare comodamente dal divano la reale qualità del veicolo in oggetto. Non mi stupirei se un domani, costruttori permettendo, non fosse possibile connettersi direttamente alla centralina elettronica del veicolo ed avere una fotografia reale riguardo l’utilizzo reale del veicolo. In questo modo si avrebbe la certezza ad esempio del chilometraggio reale del mezzo. Fantascienza? Proprio no, le informazioni ci sono basta accedervi e nel mondo dell’Internet of Things tutto è possibile. Ma una app che mi trova un veicolo secondo i miei parametri tecnici e di budget, che mi fornisce le informazioni visuali e tecniche e che infine mi propone la miglior soluzione finanziaria, non annulla la figura del venditore? Probabilmente si, o meglio anche la figura del venditore (in parte sta già accadendo) dovrà subire una metamorfosi verso una figura più gestionale e meno operativa. È il prezzo che impone il progresso che sta letteralmente stravolgendo (magari senza che ce ne accorgiamo) la nostra vita. D’altronde, che mondo sarebbe senza le app?

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Lo spettro del fermo

Oggi si vota in molte città. Chissà se andando a votare qualche autotrasportatore starà pensando anche al voto che ha dato in sede di Associazione per decidere chi lo debba rappresentare in sede istituzionale…

Beh, nel caso lo facciate, pensate anche che poco cambierà. Non è per essere pessimista, qualunquista o, men che meno, governativo. Sta di fatto che anche questa volta, lo spauracchio usato dalle Associazioni di Categoria per protestare contro la politica del governo è… lo sciopero, il fermo!

Il 7 giugno, alla luce dell’atteggiamento poco collaborativo del Governo, UNATRAS deciderà se confermare il fermo già deciso per far sentire la propria voce contro un dietrofront istituzionale sulle promesse fatte al settore.

E cosa accadrà? Nulla. Perchè, nonostante ci sia un coordinamento centrale (UNATRAS appunto) delle associazioni, ognuna cercherà in qualche modo di portare avanti gli interessi dei propri associati, ognuna cercherà di avere la propria posizione e voce di rilevanza, alcuni degli associati aderiranno, altri no. E quale sarà il risultato? Fermo macchina e conseguente mancato guadagno per “N” giorni, disagi ai consumatori per un nulla di fatto, e tanto parlare.

Siamo all’inizio di una timida ripresa. Cosa comporta fermare le proprie attività proprio in questo momento? Ci lamentiamo, a volte, che il veicolo deve star fermo qualche ora per la manutenzione, e adesso che si prospetta un fermo di giorni non ce ne importa nulla?

Che fare? Come protestare? Come far valere i propri diritti?
Una soluzione, per l’Italia, di fatto non ce l’abbiamo se non invocare sempre la solita aspirazione: ESSERE UNITI, DAVVERO!
Un fermo ha senso se porta dei risultati concreti. In Francia, lo abbiamo detto mille volte, se si ferma l’autotrasporto si ferma il Paese. In Italia, al massimo riceveremo in ritardo il nostro nuovo smartphone.