Ormai la parola app penso sia tra le più utilizzate nel nostro linguaggio quotidiano. Non c’è discussione in cui non ci scappi la parolina magica. Persino le signore attempate nei loro ritrovi pomeridiani, magnificano il lavoro dei nipoti, che arricchiscono quotidianamente il menù del loro smartphone con applicazioni di tutti i generi, il più delle volte senza capirne l’utilità. Se ho preso ad esempio le signore che passano i pomeriggi a giocare burraco, significa che il fenomeno delle app è ormai penetrato nel nostro tessuto, è parte di noi e della nostra vita.
Di come stia cambiando il mondo, ne ho avuto una conferma recentemente partecipando a un evento riservato ai concessionari italiani di auto e truck (Automotive Dealer Day di Verona, n.d.r.). Lo stesso evento qualche anno fa avrebbe visto la partecipazione, in qualità di sponsor ed espositori, di aziende specializzate nella fornitura di materiali e servizi per il lavoro quotidiano del dealer. Oggi a farla da padrone sono le software house, ovvero quelle aziende che sviluppano programmi (app appunto) per la gestione del business del dealer. I servizi offerti dalle app sono i più disparati e realmente coprono tutti gli aspetti operativi del dealer. La domanda a questo punto sorge spontanea, parafrasando lo slogan della Nutella, “che mondo sarebbe senza le app” o ancora, ma come abbiamo vissuto finora? Eravamo così imbruttiti e trogloditi?
No, però prendiamo ad esempio il mondo dell’usato; da sempre non così sexy come la vendita del nuovo. Una volta i veicoli usati erano ammassati in un’area, possibilmente il più lontano possibile dallo showroom. Lentamente il business dell’usato ha acquisito una propria dignità con una sua personalizzazione, personale ad hoc con strumenti specifici di comunicazione. A differenza del veicolo nuovo, facilmente visibile sui mezzi di comunicazione, ogni mezzo usato è un mondo a se, per lo stato d’uso e per la propria storia. Ora si trattava di presentare al meglio il singolo veicolo, ad un pubblico molto più vasto di quello che normalmente gravita fisicamente attorno al piazzale. Sono così nate le riviste dell’usato con i classici fotoannunci, che avevano il merito almeno di attirare l’attenzione sulle offerte, dando la possibilità di vedere il veicolo. Ci sarebbe da aprire una parentesi sulla qualità delle fotografie, ma sorvoliamo. Sono successivamente arrivati i primi portali dell’usato su internet, con il vantaggio evidente di aumentare il numero di veicoli proposti, aumentando anche le immagini e le informazioni a corredo. Oggi andiamo oltre, comodamente da casa è possibile fare dei tour virtuali all’interno dell’abitacolo per verificare comodamente dal divano la reale qualità del veicolo in oggetto. Non mi stupirei se un domani, costruttori permettendo, non fosse possibile connettersi direttamente alla centralina elettronica del veicolo ed avere una fotografia reale riguardo l’utilizzo reale del veicolo. In questo modo si avrebbe la certezza ad esempio del chilometraggio reale del mezzo. Fantascienza? Proprio no, le informazioni ci sono basta accedervi e nel mondo dell’Internet of Things tutto è possibile. Ma una app che mi trova un veicolo secondo i miei parametri tecnici e di budget, che mi fornisce le informazioni visuali e tecniche e che infine mi propone la miglior soluzione finanziaria, non annulla la figura del venditore? Probabilmente si, o meglio anche la figura del venditore (in parte sta già accadendo) dovrà subire una metamorfosi verso una figura più gestionale e meno operativa. È il prezzo che impone il progresso che sta letteralmente stravolgendo (magari senza che ce ne accorgiamo) la nostra vita. D’altronde, che mondo sarebbe senza le app?