Lo so. Questo spazio non deve e non vuole servire a far politica. Però, quando coloro che dovrebbero essere super partes si schierano nettamente e ingiustificatamente da una parte, allora mi vien voglia di trasgredire a questo dictat.
Ovviamente mi sto riferendo al progetto di collegamento ferroviario Torino-Lione. Al maschile o al femminile non importa… sempre TAV è e sempre di TAV parliamo.
È vergognoso che professionisti di caratura internazionale si prestino alle volontà, peraltro incomprensibili, di un Ministro senza arte né parte. Un Ministro delle Infrastrutture convinto dell’apertura del Traforo del Brennero, solo per citarne una delle sue.
La famigerata analisi costi-benefici del Prof. Ponti è un evidente colabrodo. Prova ne è il fatto che su sei professionisti incaricati di redigere il documento, uno si è rifiutato di firmarlo. Abbastanza pesante come percentuale direi.
Ad ogni modo, in questa pagina non c’è lo spazio per entrare nel merito “micro” del documento, ma vorrei solo sottolineare quelli che, a mio avviso, sono i punti “macro” del problema in sé. Nelle prossime pagine, poi, potrete leggere anche una analisi di Paolo Volta, su uno degli aspetti del documento.
Il primo aspetto è quello relativo alle opportunità. Una valutazione avulsa dal mero conto economico e che deve considerare l’ampiezza del traffico merci e di persone a livello Continentale, in questo caso da est ad ovest e viceversa. La chiusura del “buco” comporterebbe inevitabilmente un passaggio a nord delle Alpi del Corridoio 5. Perché i traffici di certo non si fermano a seconda di come si sveglia un Ministro o il Governo di un Paese. Questa considerazione va al di là dello stato di sviluppo del detto Corridoio che, sicuramente, sta subendo rallentamenti su più fronti.
Soffermiamoci ora sullo stato dei lavori. È vero, mancano più di 10 anni al completamento dell’opera, ma vi rendete conto a che punto siamo? Siete mai entrati nel “buco”? Io sì, e ormai già due anni fa. Oggi i lavori di scavo lato Italia (ribadisco: lato Italia!!) sono già finiti e quelli francesi sono quasi al termine (mancherà poi la tratta comune di circa 60 km). Quindi è meglio chiudere un buco quasi ultimato o arrivare alla fine di esso?
Entriamo un pochino più nel merito dell’analisi costi-benefici. Possibile che in una tanto dettagliata analisi, che per quanto riguarda i benefici si basa tra l’altro su stime più o meno oggettive, non consideri i contributi europei? Sono il quaranta per cento degli 8.6 miliardi di costo totale del tunnel di base. Nel documento, però, non ci sono. Inoltre, vengono evidenziate spese per il nostro Paese di 7.6 miliardi, quando invece la spesa massima prevista è di 4.6 miliardi, come previsto dal trattato internazionale. Tutto questo senza considerare la possibilità, quasi certa, che l’Europa aumenti il suo finanziamento al 50%, con un impatto (positivo) enorme sui conti.
Altro aspetto, quello delle penali in caso di rinuncia. 3,8 miliardi tra imprese, Francia e UE. Contro i 3 miliardi previsti (anche nell’analisi) per completare l’opera.
Infine, ma non è un particolare da poco, consideriamo che quest’opera è già stata voluta, approvata e avviata da anni di precedenti governi e accordi internazionali. A partire dal 1991, fino al recente stanziamento di 2,5 miliardi (Finanziaria 2012) che non possono essere spostati su altri lavori. Quindi, per rescindere il trattato internazionale che regola il/la TAV, oltre che un voto parlamentare, servirebbe anche la copertura economica, che sulla base delle analisi del gruppo-Ponti e di quella giuridica, supera i 3.8 miliardi.
Non me ne vorrà il mio amico Paolo Volta, ma ricito la frase che leggerete nel suo editoriale: “chi vuole uccidere il proprio cane dichiara che ha la rabbia”.